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Milano e Borgogna. Due stati principeschi tra Medioevo e Rinascimento
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1990
1 marzo 1990
220 p.
9788871191638

Voce della critica

SMITH, CRAIG HUGH (A CURA DI) / GARFAGNINI, GIAN CARLO (A CURA DI), Florence and Milan: Comparisons and Relations

CHITTOLINI, GIORGIO (A CURA DI), Gli Sforza, la Chiesa lombarda, la corte di Roma

CAUCHIES, JEAN-MARIE (A CURA DI) / CHITTOLINI, GIORGIO (A CURA DI), Milano e Borgogna, due stati principeschi tra medioevo e rinascimento
recensione di Castelnuovo, G., L'Indice 1990, n.10

Un convegno sogli Sforza nel 1981, un altro nel 1982 su Milano al tempo di Ludovico il Moro, nel 1988 un libro di Gary Ianziti sulla storiografia Sforzesca (Clarendon Press, Oxford 1988): durante gli anni ottanta l'interesse per la Lombardia e i suoi principi nel passaggio dal medioevo all'età moderna è cresciuto, anche tra gli specialisti stranieri.
I seminari organizzati nel 1982 e nel 1984 ai Tatti hanno esaminato convergenze e contrasti esistenti tra la Lombardia ducale e la Firenze medicea, dall'ambito artistico-culturale a quello politico-istituzionale, da quello religioso a quello del lavoro. Certo, se si considerano i diretti legami fra le due capitali e le rispettive élite, sembrerebbe che Firenze sia il polo attivo e Milano quello passivo. Leonardo, l'umanista Filelfo, l'architetto Filarete: si tratta sempre di toscani emigrati alla corte Sforzesca. Non si può tuttavia ridurre tutto all'importazione di mano d'opera intellettuale fiorentina in Lombardia: nel programma della cappella Portinari nella chiesa milanese di S. Eustorgio gli aspetti toscani provengono non tanto dalla presenza di maestri fiorentini quanto dal committente, Pigello Portinari, direttore della filiale milanese del banco mediceo. Ciò non toglie che il rilievo dell'apporto lombardo alla cultura rinascimentale emerga spesso. Ne sono protagonisti o i segretari-umanisti ducali (dai Decembrio, divulgatori della "Repubblica" platonica, a Giovanni Simonetta, creatore di una storiografia dinastica di propaganda), oppure gli amministratori statali: sia gli umili funzionari periferici (promotori di un lealismo sforzesco fondamento di una loro nuova coscienza di classe), sia potenti agenti ducali (iniziatori in ambito europeo delle ambasciate permanenti).
Altri contributi mostrano la diversità delle soluzioni scelte dai due principati per risolvere problemi simili. Diversità che si constata sia nelle strutture del governo e nella burocrazia (giustamente considerate in relazione al peso politico delle forze particolaristiche: lignaggi signorili, tradizioni comunali, libertà borghigiane e rurali) sia nel mondo di corte, microcosmo delle gerarchie di potere ed esemplare mezzo di legittimazione sociale, dove alla predilezione per il Natale propria di Galeazzo Maria Sforza si può contrapporre l'uso mediceo del carnevale fiorentino. O ancora si pensi agli sfaccettati esiti dei nuovi bisogni religiosi femminili, alle discrepanze nelle scelte urbanistiche o nello sviluppo economico delle due regioni. Pur se distanti nel tempo, le figure di Savonarola e san Carlo Borromeo possono personificare tali ricorrenti divergenze tra realtà toscana e mondo lombardo
Milano non era solo uno dei più forti "stati regionali" della penisola, e i modelli da esso e a esso proposti non provenivano soltanto da un humus italiano né si fermavano alle Alpi. Il principato visconteo-sforzesco era saldamente inserito nell'universo europeo basso-medievale, e la sua evoluzione, sino alla privazione dell'indipendenza politica a inizio Cinquecento, fu parzialmente paragonabile a quella del ducato di Borgogna, altro importante organismo semistatale non nazionale dalle forti tendenze centralizzatrici, anche se meno omogeneo dello spazio lombardo nelle sue regioni estreme, i Paesi Bassi e la Franca Contea. Coincidenze cronologiche e strutturali hanno spinto nel 1987 all'organizzazione di un convegno internazionale di cui sono adesso pubblicati gli atti. Da essi emerge l'instabile equilibrio che caratterizza la formazione e lo sviluppo delle strutture statali di tipo moderno. Quali legami s'instaurano e come mutano i rapporti di forza tra il principe e le grandi realtà urbane del suo dominio (Blockmans), o tra la capitale - con le sue élite dirigenti e la corte ducale - e le altre città lombarde (Chittolini); come far coesistere una pluralità di fonti del diritto con la perseguita omogeneità regionale (Cauchies, Massetto), quale la composizione degli organi di governo, centrali e periferici, amministrativi e giudiziari (Richard), quali le funzioni e le caratteristiche della corte, borgognona o Sforzesca (Paravicini, Lubkin), o ancora quale fu l'impatto principesco sulle strutture ecclesiastiche regionali, in questo caso solo lombarde (Ansani)? La scelta di queste domande e il ventaglio delle risposte qui abbozzate forniscono strumenti utilissimi per capire la formazione e la fluidità delle strutture statali basso medievali, non solo di quelle lombarde e borgognone. Altri interventi mettono in risalto la complessità e la profondità dei rapporti tra le due entità statali in formazione, sul piano politico-diplomatico (Roulet, Fubini), su quello dei metodi dell'amministrazione (Soldi Rondinini) e della tassazione (Marsilje), su quello, infine, degli sviluppi commerciali e mercantili (Dubois). Solo il lato più propriamente culturale è più In ombra, soprattutto per l'ambito borgognone, anche se viene a ragione ricordata l'importante produzione letteraria Sforzesca volta all'encomio e alla legittimazione della dinastia (Tissoni-Benvenuti).
Se questi volumi propongono linee di ricerca che vanno dal grado di unità della cultura umanistica alle correnti della geografia artistica, a quelle degli scambi commerciali, a nuove forme della religiosità, agli sviluppi del mondo cittadino o di quello cortigiano quattro-cinquecenteschi, il volume del Gisem esamina un'altra faccia dell'Italia rinascimentale, concentrando la sua attenzione sulle modalità della provvista dei benefici ecclesiastici in un territorio ben circoscritto: la Lombardia sforzesca. I quattro saggi che compongono il libro colgono lo sfondo di tali scelte prendendo in considerazione le loro implicazioni a livello internazionale-curiale e regionale, mettendo in evidenza scontri e sovrapposizioni tra velleità di controllo ducali (esemplificate dall'economato dei benefici vacanti, ufficio specializzato che dovrebbe permettere al principe di influire sulla distribuzione dei benefici nel suo ducato), difesa di consolidate prerogative da parte di potentces locali, e interessi di familiares del papa e dei maggiorenti della curia romana.
Diplomazia internazionale e prassi di governo locale, diritto ecclesiastico e sociologia dell'amministrazione sono intimamente connesse, a dimostrazione di come sia possibile amalgamare dati provenienti dalla storia evenemenziale e dall'analisi strutturale per meglio capire le ragioni delle scelte degli uomini del Rinascimento. Michele Ansani e Paola Oldrini analizzano l'instabile equilibrio delle relazioni sforzesco-papali, tra momenti di risoluto intervento ducale e altri d'insistite ingerenze curiali. Gianluca Battioni ricostruisce i rapporti di forza nelle diocesi di Parma dal 1476 al 1482, un triangolo ai cui vertici si trovano le élite locali, i funzionari ducali e i clienti di dignitari ecclesiastici. Un'attenta valutazione del clima politico-italiano, romano, lombardo - in grado di agevolare una scelta sentita come necessaria per il prestigio e la legittimità familiari presiede alla carriera ecclesiastica di Ascanio Sforza. La sua scalata alla porpora cardinalizia pare così ineluttabile, ma Marco Pellegrino indaga le ragioni delle sue numerose battute d'arresto, a seconda degli equilibri interni al lignaggio, dei rapporti tra stati italiani e degli umori del collegio cardinalizio.
Questi tre libri non intendono promuovere un'interpretazione forte della società italiana ed europea quattrocentesca, bensì proporre un approccio pluridimensionale che combini lo studio dell'evoluzione politica con quello degli sviluppi istituzionali e degli scambi culturali, in un momento in cui gli apparati burocratici si rafforzano di pari passo con l'estendersi delle clientele, e in cui le mode di corte si ergono a modello della vita aristocratica. Cosi riconsiderate la Milano Sforzesca, la Firenze medicea, la Roma cardinalizia o, in minor misura, la Digione ducale, continuano ad apparire simili eppur diverse: ma adesso possiamo iniziare a capire come e quanto e perché.

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