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Nel caso di Le mie montagne. Gli anni della neve e del fuoco è più che opportuno dare un'occhiata all'introduzione, stilata dalle stesso autore, perché così è possibile comprendere lo spirito dell'opera, caratterizzata da diversi articoli che solo a prima vista sembrano non avere un filo comune. Giorgio Bocca ha dedicato alle sue montagne un monumento stampato, rilievi inerti nel tempo, ma intorno ai quali ha corso, corre e continuerà a correre la storia. In queste pagine non c'è nulla d'inventato di sana pianta, ma vengono narrate esperienze personali in relazione a tutto ciò che ha a che fare appunto con le montagne. E così, suddiviso il libro in nove capitoli sulla base delle tematiche, troviamo gli scritti sui primi mesi di guerra sul fronte francese delle Alpi, in cui lo spirito acuto e ironico di Bocca evidenzia ancora una volta la fatuità del fascismo, tutto fumo e niente arrosto, con un'impreparazione bellica che a volte porta perfino a ridere. E poi c'è l'epoca successiva, cioè quella che si snoda dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, con questi monti che sono teatro della resistenza, a cui l'autore partecipò attivamente, diventando anche un comandante di brigata delle formazioni Giustizia e Libertà. Sempre nelle terre di quei rilievi, oltre alla natura splendida descritta nei capitoli "Noi del Monte Bianco" e "Gli anni degli sci veloci" non potevano mancare i personaggi, più noti come Mattei ed Einaudi, e altri quasi sconosciuti, ma non meno interessanti, come Mascarello, il coltivatore di vigneti. Il libro si legge che è un piacere e quindi non posso che consigliarlo, perché si tratta di un'opera ottimamente riuscita.
un libro dove si impara ad amare la libertà. ogni mattina per andare a lavoro attraverso via piave ed altre strade del centro di roma che raccontano quei momenti di amore e gloria che hanno permesso a questo paese di essere libero e forte;ho ritrovato nel libro di bocca emozioni e sentimenti e orgoglio di essere italiano
peccato che chi mi ha preceduto nello scrivere recensione, non sia in grado di capire l'importanza del personaggio che ha demolito con tanta veemenza e odio. odio, naturalmente chi accusa gli altri di rivolgere il proprio odio in modo acritico è spesso e unicamente permeato di cecità e incapacità a connettere, assorbito dalla propria "pancia". peccato. ma veniamo al libro in oggetto, non certo uno dei migliori di giorgio bocca, eppure interessante per delineare un'ulteriore aspetto della lotta partigiana. il testo viaggia tra cronaca e racconto, tra fatti e impressioni personali, meno interessanti forse rispetto alle altre sue storie sul periodo della resistenza. eppure completa una stagione fondamentale, nella quale si è costruita la repubblica e la libertà. quella stessa libertà che ha permesso di scrivere la vuota e inutile recensione che precede la mia. all'epoca c'erano due parti, una giusta, quella che voleva la libertà (tra l'altro bocca non era comunista, ma apparteneva al partito d'azione, privo della pur minima istanza sovietizzante) e una sbagliata, quella che consegnò la nostra patria, quella di cui cianciano i destrorsi di oggi, alla germania nazista, quella che formulò le leggi razziali. bocca è uno dei padri della libertà, uno dei tanti, un grande giornalista e un grande uomo. non per questo il suo libro è bello, eppure si tratta di un testo interessante, certo incomprensibile per gli ignoranti.
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