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Una lettura appassionante. L'autore si spoglia di convenzioni e pudore e racconta liberamente tutto di sè e dei suoi cari...fatti, emozioni, desideri, dubbi. Kanusgard è piacevole nella sua imperfezione umana. Non cerca di essere simpatico al lettore, però ci riesce, se non per il fatto che ci si immedesimi nei suoi dubbi, drammi e imperfezioni. Libro allo stesso tempo profondo con le sue riflessioni e leggero mentre parla delle cose di tutti i giorni. Chi legge questo libro, che fa parte della una serie chiamata "la mia lotta", non potrà fare a meno di leggere anche gli altri...Grande romanzo autobiografico.
i retro di copertina sono spesso massimalisti. in altri termini: ci vanno giú pesante. Baudino azzarda un paragone con Proust, credo piú per l'estensione dell'opera (che consta in lingua originale GIÁ di 5 capitoli, da noi ne sono stati finora tradotti due) che per altro. é vero che anche qui si descrive una vita. ma tutto ció che Proust ci descrive é (o sembra) filtrato dalla sua particolare sensibilitá, diciamo pure dal suo snobismo. qui non ci sono principesse o salotti letterari, Knausgard probabilmente applica dei filtri ma non ce li fa vedere, insomma si ha l'impressione di essere di fronte a una vita vera, e l'aggettivo che mi viene in mente é "iperrealista" (anche se non so se sia proprio). mi viene in soccorso lo scrittore stesso, che a un certo punto di questo secondo capitolo espone (o sembra farlo) la propria poetica "...dovunque uno si voltasse vedeva finzione...il centro di tutta quella finzione, vera o meno che fosse, era l'omogeneitá, che manteneva una costanza distanza dalla realtá. Non riuscivo a scrivere in questa situazione, non funzionava, a ogni singola frase faceva seguito un pensiero: ma questo é solo qualcosa che ti sei inventato. Non ha nessun valore. L'invenzione non ha nessun valore, il documentario non ha nessun valore. L'unica cosa in cui vedevo un valore, che ancora trasmetteva un significato, erano i diari e i saggi, la parte della letteratura che non aveva a che fare con il raccontare, non parlava di qualcosa, ma era fatta solo di una voce, la voce di una personalitá a sé stante, un volto, uno sguardo che si poteva incontrare...se la finzione non aveva valore, allora non lo aveva neppure il mondo, perché era tramite la finzione che lo vedevamo adesso" quindi, il tentativo di Knausgard attraverso il racconto iperrealistico e impudico (nel senso che pare non nascondere nulla) di sé é quello di sfuggire dalla morsa della finzione? o al contrario, la dichiarazione di poetica sopra riportata é essa stessa finzione, e quello che leggi
Secondo volume di un opera affascinante, affascinante per come una vita semplice possa essere ben narrata e coinvolgente. Ho notato che spesso i pareri negativi arrivano da lettrici di sesso femminile, e penso sia dovuto al fatto che faticano ad immedesimarsi nel personaggio, che è uomo nel bene e nel male, io mi sono sentito cosi vicino ai pensieri ed al modo di essere che spesso sono rimasto turbato ma è uno di quei libri da cui fatico veramente ad allontanarmi.
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