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Giunto all’apice della fama, idolo della società mondana romana e acclamato come il più grande poeta vivente, Ovidio decise di cimentarsi con il più prestigioso e impegnativo dei generi letterari: il poema epico. E la sua fu un’opera nuova ed estremamente ambiziosa: il racconto della storia del mondo, dal caos primigenio fino all’assunzione in cielo di Giulio Cesare, attraverso i miti e le leggende che avevano come tema comune la metamorfosi. Leggiamo così la storia delle Pieridi, mutate in gazze per aver sfidato nel canto le Muse, le dolorose vicende di Orfeo ed Euridice e quelle di Piramo e Tisbe, le passioni deluse di Apollo per Dafne e di Eco per Narciso, il commovente amore coniugale di Filemone e Bauci, in un susseguirsi inesauribile di miti e leggende che rimase nei secoli fonte di ispirazione per tutta la letteratura occidentale.
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In una delle sue opere più celebri Ovidio si cimenta nel narrare l'origine del mondo attraverso vari miti e racconti in cui avvengono delle metamorfosi, che appunto le danno il titolo. Ne esce fuori uno dei testi più interessanti del panorama classico e latino, nel quale troviamo elegantemente narrati una gran quantità di miti, come quello di Narciso, o di Procne e Filomela, Filemone e Bauci, Niobe, Orfeo ed Euridice... Questa edizione presenta il testo latino a fronte, una buona introduzione, un'ottima traduzione e un indice dei nomi, sempre assai utile in testi di tal genere con una gran moltitudine di storie, luoghi e personaggi. Consiglio!
Bello
Se per Aristotele la "forma" era la perfezione dei "corpi", per Ovidio è il contrario. Tutte le cose, inclusi gli Dei, sono "corpora": forme visibili, palpabili, in cui l'essenza coincide con il "phainomenon". Piante, animali, rocce sono ("signa tene") la "fissazione" (come la ripetizione di comportamenti psicopatologici, secondo Freud; come -- per chi ci crede -- i fantasmi) di drammi (spesso stupri, o amori proibiti) che la Storia non ha saputo risolvere. Gli "antichi" ("memorant", "ferunt") furono geniali nel condensare riflessioni acute sulla Storia in immagini colte al volo tra le forme, i colori, le dinamiche naturali. Altrettanto lo è Ovidio, che sfrutta le caratteristiche della lingua latina per accostare le parole in un ordine espressivo, più che sintattico. Nella descrizione delle metamorfosi, la materia in movimento si traduce in tocchi di stile. [Non assegno il voto massimo a causa della traduzione, che non ha quasi errori, ma che perde molti elementi preziosi nel desiderio di essere discorsiva, magari per i giovani (anche se poi utilizza arcaismi)].
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