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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2019
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Francesca Rigotti è una studiosa profonda, coltissima e molto, molto sottile. Consiglio i suoi libri. Per il contenuto di questo, rimando alla recensione precedente.
Questo volumetto pubblicato nella collana dell' Accademia del Silenzio dalla filosofa Francesca Rigotti, docente all'Università della Svizzera Italiana, è diviso in due parti, la prima delle quali indaga il senso delle metafore del silenzio, mentre la seconda si interroga sul rapporto che collega silenzio e parola allo spazio e al tempo. Entrambe le sezioni argomentano le loro tesi basandosi su robuste argomentazioni teoriche, radicate in tutta la riflessione filosofica novecentesca. I nomi più citati - e talvolta contestati - sono quelli di Nietzsche,Wittgenstein, Heidegger, Levinas, Derrida, Foucault, Bachelard, Bauman. Vengono menzionate anche due pensatrici donne: Julia Kristeva e la nostra Rosi Braidotti; è risaputo che le donne, contrariamente a quello che si tramanda, parlano meno degli uomini, e scrivono meno. Proprio partendo da un assunto ideologico femminista, Francesca Rigotti espone la sua originale teoria sull'esistenza di due tipi diversi di silenzio: un silenzio di ghiaccio e di pietra (solido, massiccio, fermo e chiuso in se stesso) e un silenzio liquido-magmatico (marino, profondo, mobile, contenitore). Il primo è maschile, duro e razionale; il secondo è femminile, morbido e soffuso. La parola interviene su entrambi, spezzando il primo con la violenza di un'arma appuntita o pesante, emergendo dagli abissi del secondo come lava galleggiante. L'autrice corrobora questa sua intuizione con dotti riferimenti letterari e musicali (Händel, Bach, Boulez, Cicerone, Ovidio, Pirandello, Rabelais, Vercors, Byatt), ma anche rifacendosi ad acute osservazioni linguistiche ed etimologiche. La seconda parte del libro mette a confronto invece i due tanto discussi concetti di tempo e spazio, ancora sfruttando le categorie del maschile e del femminile: qui però quasi capovolgendoli, perché al maschile viene attribuita la mobilità fagocitante del tempo, mentre si riserva al femminile la statica resistenza dello spazio. Uno spazio silenzioso e un tempo parlante.
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