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Anno edizione: 2015
Anno edizione: 2015
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"Nutro per l'Italia una tenerezza originaria, fondamentale, innocente. Ma al di là dell'Italia, ciò che amo in essa è la sua capacità di conservare qualcosa dell'unità primitiva, della freschezza delle origini. Sicché posso ritrovare l'Italia anche in un paesaggio cinese, come in esso posso ritrovare le leggi dell'armonia universale che un primitivo senese, per esempio, cercava di rappresentare."
"Queste Memorie sono il frutto di un lavoro durato due anni nel corso dei quali Balthus si è confidato come non ha mai fatto con nessuno durante la sua vita. Incontri che lo incantavano e lo rendevano molto felice. Voleva che venissero intesi come lezioni di vita, l'ultimo insegnamento di un pittore che pensava, come sosteneva Péguy, che soltanto la tradizione è rivoluzionaria e decisamente moderna". Così scrive Alain Vircondelet in una breve nota che accompagna il volume e ne chiarisce il contenuto.
Interpellato nel 1968 da un gallerista inglese che, allestendo una mostra a lui dedicata intendeva stampare sul catalogo una biografia dell'artista, Balthus rispose: "Scriva: Balthus è un pittore di cui non si sa nulla". Come può dunque un uomo così "essenziale" e schivo voler lasciare di sé una testimonianza forte come possono essere le Memorie? È una domanda ma è forse anche la chiave di lettura del libro, il modo per comprenderlo e apprezzarlo. Il desiderio di aprirsi finalmente al mondo e di lasciare una testimonianza, ma senza mai davvero "scoprire" l'anima. Non è necessario rivelare la propria intimità Sono sufficienti sprazzi di ricordi, sensazioni, incontri. Chi cercasse la storia completa della vita di questo artista non la troverà. Ma chi invece volesse leggere un libro di ricordi frammentari, da sfogliare come pensieri e aforismi, non sarà deluso. E incontrerà, qua e là nelle pagine, i grandi artisti del Novecento, i luoghi amati (dall'Italia, alla Francia alla Svizzera) e una chiave d'accesso per comprendere il lavoro di una vita.
Balthus, fuor di dubbio uno dei più schivi e originali artisti del XX secolo, ha segnato con la sua opera la storia dell'arte in particolare per la capacità di essere fuori dai "giri", dalle correnti e dai gruppi, coerente nel tempo solo con se stesso. Pensando a Balthus uomo, al di là dell'artista, vengono alla mente le immagini della sua splendida grande casa in legno di Rossinière, quel Grand-Chalet delle 40 elegantissime stanze (e delle 117 finestre aperte sulla natura circostante) attorno al quale aleggiava un'aria di mistero, della moglie giapponese (Tetsuko, erede di una antica famiglia di samurai di Kyoto), dell'originalità della figura e della sobrietà dell'abbigliamento zen, ma anche l'ambiguità di una personalità difficile, contrastata e di un uomo che, chiuso nel suo atelier (una vecchia stalla intrisa dell'odore delle vernici e dell'aura della genialità) creava opere destinate a musei, gallerie e collezionisti di tutto il mondo, ma prendendosi tutto il tempo necessario, anche anni, per terminare una tela. Le figure femminili adolescenti che compaiono così frequentemente nei dipinti sono sopravvissute alla sua scomparsa, testimoniando il suo modo molto personale di vedere la perfezione, superando l'idea materiale della vita, e cercando in essa costantemente un significato mistico rappresentato da un'arte "aristocratica" (e da un'aristocrazia dell'arte destinata a pochi eletti) che lo ha messo al centro di molte critiche, ma ne ha anche fatto un personaggio da non dimenticare.
A cura di Wuz.it
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