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Stile elegante, lineare, dispiegamento di concetti complessi in toni tranquilli, volti a dare la giusta collocazione di significati a parole come: ricordo, memoria, oblio. Davide Schiffer è figlio di una mamma cattolica e di un padre ebreo, che muore ad Auschwitz. A 16 anni aderisce alla Resistenza, tra la Valle Maira e le Langhe nelle formazioni GL. Stretto il legame tra Shoà e Resistenza, scelta di una lotta per la liberazione nella crescente consapevolezza di appartenere a una comunità da portare verso un futuro di valori umani e di civiltà. Davide Schiffer, dopo la liberazione ritorna agli studi, diviene scienziato in neurologia e neuropatologia, e docente in diverse università del mondo. Sente oggi che è giunto il momento di raccontare la sua storia, e lo fa in un suo modo particolare, usando gli strumenti acquisiti nella sua lunga vita di studioso dei fenomeni neurologici, di questi fenomeni fa parte: la memoria. Cosa resterà dei racconti dalla viva voce dei sopravvissuti, che stanno scomparendo? Già ora ci possiamo rendere conto che i racconti hanno più forza e restano in noi non tanto nei dettagli, ma nelle emozioni che sanno trasmettere. Con la morte dell'ultimo testimone ha termine la memoria individuale, e resta la memoria collettiva di una comunità in cui circolano ancora racconti ed emozioni, ma questa memoria è destinata a diventare memoria culturale e storica; dopo ci sarebbe soltanto l'oblio. I misfatti della storia non ci emozionano più, noi sembriamo capaci di "com-passione" soltanto per ciò che ci è più vicino e ci è trasmesso da chi porta in sé l'evidenza delle ferite ancora vive. Questo libro va letto, non solo per un dovere di memoria o per quell'abusata espressione "per non dimenticare", ma per un "piacere" - sembra bestemmia questa espressione in questo caso -, ma intendendo dire: per non rinunciare a quel sentimento vitale del dolore che ci fa sentire dentro e con il dolore dell'altro. Maria Silvia Caffari
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