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La memoria culturale. Scrittura, ricordo e identità politica nelle grandi civiltà antiche - Jan Assmann - copertina
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La memoria culturale. Scrittura, ricordo e identità politica nelle grandi civiltà antiche - Jan Assmann - copertina

Descrizione


Questo affascinante saggio dell'egittologo Jan Assmann si occupa delle relazioni fra i temi del ricordo, dell'identità e della perpetuazione culturale, cioè del costituirsi della tradizione.


In questo volume sulla memoria culturale l’egittologo Jan Assmann si occupa delle relazioni fra i tre temi del ricordo, dell’identità e della perpetuazione culturale, cioè del costituirsi della tradizione. La constatazione di partenza è che ogni cultura sviluppa una sorta di struttura connettiva, che agisce istituendo collegamenti e vincoli entro la dimensione sociale e quella temporale. Infatti la cultura lega l’uomo al suo prossimo creando uno spazio comune di esperienze, di attese e di azioni, ma lega anche il passato al presente, modellando e mantenendo attuali i ricordi fondanti, e includendo le immagini e le storie di un altro tempo entro l’orizzonte del presente, cosi da generare speranza e ricordo: questo aspetto della cultura è alla base dei racconti mitici e storici. Gli esempi di cui si serve Assmann per illustrare lo strutturarsi della memoria culturale sono tratti dall’antichità: Mesopotamia, Ittiti, Israele e Grecia al pari dell’antico Egitto, con l’obiettivo di ricostruire i nessi culturali, e piú precisamente il nesso fra ricordo (collettivo), cultura dello scritto ed etnogenesi.

Dettagli

1997
1 gennaio 1997
336 p.
9788806131432

Voce della critica


recensione di Cancian, P., L'Indice 1997, n. 7

L'autorevole egittologo tedesco vuole contribuire all'attuale "rivoluzione" che "mostra in una nuova luce i diversi fenomeni culturali" e costruisce un'opera di notevole fascino, anche se il lettore dovrà perdonare un po' di tecnicismo (frasi come "sono le polarizzazioni scismatiche endoculturali che danno forma a un canone" convincono che non solo gli studiosi italiani hanno difficoltà divulgative). Assmann prende le distanze dalle due correnti che si sono occupate - ignorando ognuna i nessi rilevati dall'altra - del tema della memoria: una individua i cambiamenti decisivi nella struttura connettiva di una società solo nelle innovazioni puramente storico-spirituali, l'altra li attribuisce ai mutamenti intervenuti nelle tecnologie dei media, quali l'introduzione della scrittura e l'invenzione della stampa.
La prima parte, dedicata ai fondamenti teorici, dà peso alla "memoria sociale" di Halbwachs: è stata infatti decisiva la scoperta della memoria collettiva basata sulla correlazione tra memoria e gruppo, fondamentale per un'analisi dei meccanismi della trasmissione culturale. L'idea che la memoria sia sempre collettiva e che l'individuo solitario ne sia privo deve essere in parte corretta: il ricordo, appannaggio del singolo, rivive e si mantiene quando l'individuo partecipa ai processi comunicativi. L'arte della memoria è di uno solo, mentre la "cultura del ricordo" è del gruppo, come obbligo sociale. Secondo Halbwachs la tradizione non era una forma ma una deformazione del ricordo: così, nel dimenticare la funzione della scrittura, trascurava il passato (che non si fissa naturalmente) come creazione culturale.
Sempre nella prima parte Assmann definisce due tipi di memoria, una comunicativa (con i ricordi del passato recente), l'altra culturale (che si orienta in base a punti fissi nel passato). Partecipano alla prima anche le società prive di scrittura, la seconda appartiene ai "delegati al sapere". Nell'esaminare le forme primarie della memoria culturale organizzata (con il mito, la commemorazione e il rito, e con l'importanza della spazialità naturale), Assmann contraddice la posizione di Lévi-Strauss rispetto all'opzione fredda o calda nei confronti della storia (società fredde che ricordano solo ciò che è regolare e ripetitivo, società calde che danno importanza ai cambiamenti e ai fatti eccezionali); non si può trascurare il potere che, giudicando fondamentale il modo in cui sarà ricordato, tende a impossessarsi del passato ma anche del futuro, e quasi tutte le fonti storiche sono figlie di questa tendenza. Quando si entra nella cultura dello scritto si attua un passaggio dalla coerenza rituale a quella testuale. Nascono così i testi canonici: allora, dato che quei testi hanno bisogno di interpretazione, si costituisce una classe di detentori della memoria culturale (e ben si vede nella cultura medievale monopolizzata dai chierici).
Altro importante elemento è la costruzione dell'identità di un gruppo come forma di autopresentazione e autorappresentazione. Si parte da un sentimento di solidarietà e affinità per giungere a conoscenze, lingua e sistema simbolico comuni. Nella seconda parte gli esempi sono attinti da civiltà antiche che non solo hanno prodotto una propria memoria culturale ma hanno anche influito sulla costruzione di identità collettive a loro successive. Questo compito è stato assolto dalla Grecia e da Israele - rispetto all'Occidente cristiano e al mondo islamico - attraverso i classici, la Bibbia e gli scritti neotestamentari. L'Egitto e la Mesopotamia sono considerate invece come luoghi in cui, attraverso la costruzione della memoria culturale, si fonda l'idea di Stato e di diritto. Nel libro è un po' enfatizzata una differenza (rilevante solo per gli esperti) dalle tesi di Goody e Havelock, che individuano nell'uso della scrittura alfabetica l'avvio della memoria culturale: secondo Assmann invece essa si sviluppa quando si ha l'interazione di più fattori, e soprattutto non è decisivo che il sistema grafico sia quello alfabetico.

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