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Di botto, direi che questo suo libro non mi ha fatto impazzire (gli altri letti fino ad ora, si). Se rifletto e lo contestualizzo, pero', nn posso che trovarlo geniale e estremamente originale. Magari la trama e' ripetitiva e asciutta per creare nel lettore una voluta sensazione di insopportabilita' nei confronti barone, quasi un fastidio fisico che si aggiunge a quello che le sue elugubrazioni fanno scaturire nel lettore. Ma quello che mi sembra straordinario e' il lavoro di introspezione che viene fatto sul barone Otto, e' come se si entrasse nella sua mente...come quando ci si trova di fronte a quegli uomini pieni di se e si volesse entrare nei loro pensieri per decifrare l' ottusita' dei loro comportament o delle loro parole. In ogni caso, lo consiglio!
e'il primo libro che leggo della Von Armin e non c'e' dubbio che la capacita' di scrivere sia l'aspetto piu' gradevole del romanzo.il racconto non e' impegnativo , ma ripetitivo, il protagonista pecca in modo eccessivo di cinismo ed ottusita', tale da rendere pesante la narrazione .
Volendo approcciare la Von Arnim con questo romanzo si resterebbe forse alquanto annoiati poichè sottili sono le arguzie e troppo forbito il linguaggio. Solo chi ha già letto altre opere potrà apprezzare questo resoconto di infinite peripezie di un vanesio barone a bordo di un carrozzone.
Recensioni
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scheda di Concilio, C., L'Indice 1995, n. 8
Bettina von Arnim (1785-1859) era sorella dello scrittore tedesco Clemens Brentano, sposa del poeta e romanziere Ludvig Joachim von Arnim (1781-1831), amica di Goethe e anima a Berlino di un vivace salotto letterario. Con lo pseudonimo di Elizabeth, Mary Annette Beauchamp, nata in Australia nel 1866, sposa nel 1889 di un conte von Arnim, di Bettina eredita lo spirito letterario. Come lei vanta amicizie illustri: cugina di Katherine Mansfield, amica di Forster, sposa in seconde nozze il fratello di Bertrand Russell, prima di partire per l'America dove muore nel 1941. Autrice del romanzo da cui è stato tratto l'omonimo e spiritoso film "Un incantevole aprile" (1991), Elizabeth non perde qui la sua verve ironica e spassosa. A farne le spese è lo spocchioso e petulante barone Otto col suo spirito da integralista prussiano. Trascinato da una conoscente in una vacanza in Inghilterra da farsi in caravan, il viziato e conservatore barone si trova a lucidar stivali, a trascinare cavalli riottosi, a lavare piatti, gomito a gomito addirittura con un Lord, purtroppo un socialista. I tre caravan, la Ilsa, la Elsa e la Ailsa conducono il barone alla scoperta di un nuovo mondo: le deplorevoli usanze inglesi, tra le quali si annida l'emancipazione femminile, l'immorale vita da campeggio, che livella ogni distinzione di classe. L'ironia e il divertimento sono garantiti dalla goffaggine e ingenuità del barone, dalla scrittura che procede per opposizioni dialettiche e dal ricorso, come già nel romanzo-film, a quei cliché che riguardano la caratterizzazione dei vari popoli.
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