Anno 1924. In una cella del carcere di Landsberg, in Baviera, un detenuto pesta furiosamente sui tasti di una macchina per scrivere Remington. Mentre sconta una pena troppo mite per un tentato colpo di Stato, l'uomo accumula fogli su fogli di un dattiloscritto, che sarà pubblicato un anno dopo. Grazie a una carriera a dir poco folgorante, nemmeno un decennio più tardi quel detenuto diventerà cancelliere della Germania, e il suo libro una delle opere che determineranno la storia del XX secolo. Il nome di quel detenuto: Adolf Hitler. Il titolo di quel volume: "Mein Kampf". Mentre sull'autore sono stati versati fiumi d'inchiostro, il libro è rimasto in disparte, offuscato da temi ritenuti storicamente più cruciali. Eppure si tratta del testo politico più venduto di tutti i tempi. Affascinato dalle vicende spesso paradossali di questo "best seller planetario", il giornalista Antoine Vitkine apre una vera e propria inchiesta, muovendo dagli scaffali polverosi di oscuri editori dello scorso secolo, per ricostruirne la storia intricata. Sappiamo veramente com'è stato scritto Mein Kampf, e quale ruolo ha giocato nell'accesso al potere del suo autore? Perché nessuno prese sul serio quel caporale austriaco che metteva nero su bianco i suoi crimini a venire? Perché lo stesso Hitler, in diversi momenti, si premurò di rinnegarlo e di farne pubblicare in Francia una versione diversa?)
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