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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2020
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Il libro di Veronica Tomassini è un romanzo ricco di gorghi narrativi. La narrazione, infatti, non avviene secondo un tempo lineare ma segue un ritmo vorticoso, disegnato da una serie di cerchi più piccoli all’interno di una grande circonferenza che inizia e finisce alle 10.45, tra sentieri di borragine e spuntoni di cardi. Questi cerchi sono abitati da personaggi o da motivi che trascinano il lettore fino a toccare il fondo per poi risalire a galla e quindi tornare giù, in un movimento altalenante, a tratti estenuante a tratti catartico, tra la condanna e la salvezza. La voce narrante è di un’adolescente ma protagonista del libro è il quartiere di Mazzarrona, una periferia squallida e degradata che guarda a un mare inutile e lontano, popolata da vampiri e fantasmi allegorici. È un libro che parla soprattutto di assenze. Assenza di un amore, cercato, inseguito, in bilico, forse trovato nelle baracche con i tetti di amianto anche se per poco o troppo tardi in un incastro di combinazioni sbagliate. Assenza di una giovinezza, negata, costipata, solitaria, tradita, gradualmente oscurata dalla gravosità e dalla pesantezza. Assenza da se stessi della voce narrante, che si sente estranea, distaccata, ibrida, sempre dalla parte sbagliata, in continua tensione tra la giustezza proletaria e la rispettabilità borghese, tra l’osservazione e l’azione, nel tentativo di salvare gli altri per salvare se stessa. E poi l’assenza di Massimo che riassume tutte le altre. Per completare il quadro ci sono pure l’eroina, l’AIDS, i SERT, Christiane F, la musica di Morrisey, i libri di Buzzati, Pratolini, Orwell, Moravia e Miller, ma qui mi fermo perché non voglio raccontare tutto il romanzo, che merita di essere letto per la sua potenza e lo stile impeccabile.
Recensioni
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