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Protagonista per quasi due secoli di romanzi, racconti, testi teatrali e copioni per marionette e burattini, Mayno della Spinetta ha ispirato la stesura del progetto cinematografico di Armando Mottura e Pinin Pacòt, oggi conservato – con l’archivio Mottura – dall’Istituto per Beni Marionettistici e il Teatro Popolre. Mayno, personaggio affascinante, Robin Hood nostrano, sicuramente esistito e a lungo presente nella memoria della gente della sua terra, fu il capo di una banda piuttosto vasta di briganti che agì nella zona dell’alessandrino piemontese dal 1803 all’anno della sua morte, per mano della gendarmeria francese, nel 1806: tre anni in cui diede filo da torcere alle truppe napoleoniche e irritò Bonaparte stesso, che Mayno sfidava ironicamente autonominandosi «Re di Marengo e Imperatore delle Alpi». La tradizione orale e scritta – come testimonia il saggio di Franco Castelli – ne tramanda l’ingegno, la simpatia, la furbizia, e lo dipinge quasi sempre come un “ladro gentiluomo”, portavoce dei contadini della zona contro le vessazioni dei francesi, pronto a distribuire al popolo ciò che la sua banda levava ai ricchi e ai potenti. Mottura e Pacòt si confrontano con la tradizione romanzesca e teatrale del “Brigante di Marengo”, e aggiungendo o togliendo particolari avventurosi al catalogo degli aneddoti tramandati nel tempo, ci offrono uno sguardo semplice e popolare su Mayno che, in linea con la figura del “bandito sociale”, rappresenta in fin dei conti l’aspirazione alla giustizia dei popoli oppressi.
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