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Del Maxxi, su queste pagine, ha già scritto Sandra Pinto con l'autorevolezza e la passione di chi ha pensato e accompagnato il progetto dai suoi inizi (cfr. "L'indice", 2010, n. 6). Ora che il museo è aperto, e un pubblico variegato può liberamente aggirarsi nei suoi interni sinuosi, il catalogo delle collezioni si lascia sfogliare con diversa curiosità. Fin dal titolo, i due volumi enunciano chiaramente il carattere unitario, la continuità delle raccolte tra il museo storico (la Galleria Nazionale d'Arte Moderna, fondata nel 1883 e dal 1911 insediata nell'edificio di Cesare Bazzani a Valle Giulia) e il nuovo museo, che nasce come ideale proseguimento nella sede progettata da Zaha Hadid.
È una scelta importante quella di sottolineare la continuità delle collezioni nel momento in cui il Maxxi si presenta come luogo fisicamente separato e come museo che unifica al suo interno l'arte e l'architettura contemporanee, affidandone la cura a due diverse figure direttive. Si comprende quindi come nei testi introduttivi, a firma della soprintendente alla Galleria, Maria Vittoria Marini Clarelli, e della direttrice del MaxxiArte, Anna Mattirolo, sia a più riprese evidenziato il carattere di unità organica di una raccolta che riflette, nella sua ricchezza come nelle inevitabili lacune, la storia stessa dell'istituzione.
A questa linea di continuità rimandano anche alcune scelte editoriali, a cominciare dalla conferma del formato (relativamente) agile già sperimentato dalla casa editrice Electa con le due guide alle collezioni della Gnam, per la cura rispettivamente di Sandra Pinto (Il XX secolo, 2005), e di Elena Di Majo e Matteo Lafranconi (Il XIX secolo, 2006): un precedente recente e importante, con il quale confrontarsi nel momento dell'impostazione dell'attuale catalogo, che ha assunto infine la forma di un repertorio in ordine alfabetico, nel quale trovano agevolmente posto gli autori, singoli e collettivi, presenti in collezione.
Naturalmente, uno dei temi cruciali era la scelta della data di inizio: se il 2008 si presentava da sé come termine "finale", come ultimo anno cioè di effettiva coesistenza delle opere a Valle Giulia, l'individuazione del punto di inizio richiedeva qualche interrogativo e qualche riflessione in più. Senza voler ripercorrere qui nel dettaglio la ragionata analisi di Marini Clarelli, vale tuttavia la pena di ricordare che il 1958, oltre a segnare il limite dei cinquanta anni che nella legislazione italiana circoscrivono l'arte contemporanea, è stato anche l'anno del primo parziale riordinamento delle opere contemporanee da parte dell'allora soprintendente Palma Bucarelli; inoltre, al di fuori della storia specifica dell'istituzione, il 1958 è ormai considerato, per convenzione largamente accettata, come l'inizio di fatto del decennio successivo: l'anno della crisi dell'informale e dei primi fermenti che avrebbero portato nel giro di pochi anni alla sovversione dei codici e alla permanente rivoluzione dei linguaggi che caratterizzano gli anni sessanta.
Se le introduzioni forniscono una riflessione storica (Marini Clarelli) e un'opportuna contestualizzazione nel panorama attuale dei musei d'arte contemporanea (Mattirolo), la breve nota a firma delle curatrici Frezzotti, Italiano e Rorro fornisce la chiave di accesso ai criteri con cui sono state ordinate le schede, alle informazioni succinte ma esaustive contenute al loro interno, in breve alle opere (diversissime per tecniche, materiali, intenzioni) imbrigliate nella scansione alfabetica che ritma le pagine, da Carla Accardi a Gilberto Zorio. Sfuggono all'ordine alfabetico per artista, con più di qualche ragione, alcuni nuclei che rivestono all'interno della collezione uno statuto particolare: le donazioni degli artisti e i regesti dei premi di incoraggiamento, dei cosiddetti libri d'artista, degli arredi provenienti dalle grandi motonavi della Società italiana di navigazione dismesse alla metà degli anni settanta.
Il catalogo in due volumi è uno strumento utilissimo e di facile consultazione. Indica chiaramente l'attribuzione delle opere all'una o all'altra sede, soddisfa le curiosità di visitatori e appassionati, fornisce agli studiosi indicazioni e aperture, grazie alla ricca bibliografia e agli indici, per verifiche e ricerche. Resta, nonostante le limpide spiegazioni, qualche elemento di perplessità circa la distribuzione delle opere di quegli artisti che per anagrafe o per estensione cronologica dell'attività si trovano in incerta collocazione rispetto alle ideali scansioni dei due musei, con le inevitabili sovrapposizioni. Ma sono scelte di ordinamento che il catalogo non può che registrare, offrendo anzi, su questo come su altri temi suscettibili di discussione, una guida ragionata.
Laura Iamurri
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