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Già autore di un'accurata ricostruzione del pensiero di Burnham, l'intellettuale statunitense approdato dal trockismo al conservatorismo della "National Review" (cfr. "L'Indice", 2000, n. 12), Borgognone si cimenta qui con un altro ex radical convertito alla destra. Ne segue la parabola per "più di mezzo secolo, dagli anni Dieci alla fine degli anni Sessanta", mostrando come la vicenda di Eastman si iscriva tutta sotto le insegne di "una personale battaglia per la libertà americana". La biografia culturale di questo intellettuale, nato nello stato di New York nei primi anni ottanta dell'Ottocento da due ministri congregazionalisti, inizia in piena Progressive Era nel quartiere bohémien del Greenwich Village, all'interno di una significativa comunità di giovani artisti e intellettuali votati alla libera espressione del sé, all'anticonformismo e alla trasformazione sociale. Oltre a stringere a Columbia University un rapporto di collaborazione e amicizia col grande filosofo John Dewey, dal quale acquisirà l'impulso critico e antidogmatico che lo accompagnerà per tutta la vita, Eastman diventa direttore di "The Masses", un'innovativa rivista socialista di politica e cultura. Eastman la traghetta "dall'ala destra a quella sinistra del socialismo", dalle parti del sindacalismo rivoluzionario degli Industrial Workers of the World. Il lettore italiano può farsi un'idea della rivista grazie all'antologia di Annachiara Danieli (L'opposizione culturale in America. L'età progressista e "The Masses" 1911/1917, Feltrinelli, Milano 1975), opportunamente citata da Borgognone nella sua informatissima bibliografia.
Travolta la stagione bohémienne dalla guerra, dalla rivoluzione russa, e dalla terribile repressione del "biennio rosso" che ne seguì, Eastman incarnò, tra il '18 e il '24, "la nuova figura di intellettuale filo-rivoluzionario, il fellow traveler (compagno di viaggio, o di strada), sostenitore del regime bolscevico". Pronto a vestire Lenin di panni "pragmatici", egli si rivelò comunque non meno pronto, dopo un viaggio in Russia di ventun mesi, nel 1922-24, a iniziare una progressiva critica al regime in costruzione in Unione Sovietica, che si accompagnava a una critica "americana" del materialismo dialettico, e del suo idealismo, una critica ispirata a un intreccio di darwinismo, pragmatismo e freudianesimo.
Alla fase "bolscevica" ne seguì una terza, di adesione e poi polemica col trockismo; fase che lo vide incrociare le armi della critica con un Burnham non ancora folgorato dall'intuizione sulla "rivoluzione manageriale". Finchè, dopo una sofferta stagione di isolamento, tra la fine degli anni trenta e la seconda guerra mondiale, Eastman trovò nell'atmosfera della guerra fredda lo stimolo per il grande, ma controverso, passo tra le file del conservatorismo. Borgognone ricostruisce efficacemente tale percorso, individuandone il filo rosso, che sostiene le giravolte di Eastman, nella critica dell'ideologia, "fattore invariabile del suo libertarismo". Accanto a ciò occorrerebbe forse porre in evidenza la sostanziale assenza di un'analisi concreta e profonda del capitalismo come rapporto sociale, che può aver aiutato Eastman a passare dal Village alla compagnia, si presume imbarazzante (per un libertario), del cattolicesimo di destra, senza avvertire troppi brividi.
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