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Anno edizione: 2013
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D'accordo, Parigi è splendida in ogni angolo, in ogni buia fessura. Tutto nelle sue strade chiama a una musicale e gioiosa arrendevolezza forse davvero senza pari per passato, gloria, mito. Ma da qui a poter incontrare Rainer Maria Rilke in una sala da barba è davvero il punto più alto dello stupore e della felicità umana. Soccorrere il poeta, distratto per aver dimenticato i soldi in casa, e poi perdersi con lui in una sfaccendata passeggiata (sono le migliori!) in giro per quelle strade. Ne usciranno considerazioni e confidenze in un umile e preziosissimo lascito che, sebbene racchiuso in poche pagine, resterà nella memoria come vento ben impigliato. Sarà in definitiva un percorso di sguardi, di malinconica piega sulla vita, un conversare sulla poesia, sul destino del poeta, dentro parole di inattaccabile bellezza. Dirà Rilke: "Noi siamo le api dell'invisibile, raccogliamo perdutamente il miele del visibile per accumularlo nella grande arnia d'oro dell'invisibile. Il poeta può umilmente nominare le cose in declino. Per noi sentire è svanire, seguire le traiettorie nel loro tramonto, accostarsi al loro prossimo congedo. Ma il poeta non può compiere interamente il ritorno all'origine, né dare l'approdo come meta. Può solo tradurre approssimativamente il destino". "L'aperto" Heideggeriano, "il senza fondo", quel "non luogo" che c'è da qualche parte e che il poeta conosce nelle narici, nelle tempie, nel sogno, in quel guadare nel proprio sterno che è vicinanza e dolore, rischio, presa insicura, ma allo stesso tempo dovere a cui non ci si può sottrarre. "Ritraetevi per un giorno soltanto dalla modernità, e vedrete quanto eterno è in noi" (dal Diario fiorentino). Questo libro delizioso e fecondo è un sussurro d'infinito.
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