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«Il saggio è imperniato su di un dialogo tra Elie Wiesel ed il giornalista francese Michael de Saint Cheron. Saint Cheron pone allo scrittore una serie di domande sulla Shoah e la disumanità dell'uomo nella storia. Wiesel risponde ad un ampio spettro di questioni di ordine politico, sociale e religioso e il suo approccio è di taglio informale e non dogmatico.Alle domande che gli vengono poste, Wiesel risponde sollevando, come sempre, altrettante domande, semplici, logiche e che costringono il lettore a riflettere. Wiesel ci parla del suo ruolo di testimone della più grande tragedia occorsa al popolo ebraico, nella quale si è manifestato con particolare virulenza il male e la perdita di umanità dell'uomo nei riguardi del suo simile. L'autore analizza poi altre tragedie e orrori frutto del cattivo agire dell'uomo, sottolineando il pericolo dell'indifferenza.Il tema centrale del libro è l'indagine sul lato oscuro dell'uomo e le risposte avanzate sono molto spesso delle domande, degli interrogativi rivolti a ciascuno di noi. E' un libro di taglio filosofico per riflettere e meditare.»
Recensioni
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Una donna impetuosa, geniale,politicamente influente e un dittatore misogino, fermamente deciso a conquistare, dopo la Francia, l'Europa: incompatibili fin dal primo incontro, Madame de Staël e Napoleone costituiscono una "coppia" unita da un odio tenacissimo, di cui le pagine di questi Dieci anni di esilio offrono l'appassionata testimonianza. Scrittrice in ascesa di idee apertamente liberali, messa al bando da Parigi per volontà del "tiranno", dal 1803 al 1814 Madame de Staël percorre l'Europa come una regina in esilio, omaggiata da sovrani e illustri personalità quali Goethe e Schiller, accompagnata da amori più o meno fugaci, e sempre perseguitata dall'autorità del "Corso africano", la cui presa di potere, il 18 brumaio, le aveva tolto ogni speranza di libertà per la Francia, regalandole in cambio "una difficoltà a respirare liberamente", che di lì a poco sarebbe diventata "una malattia dell'Europa intera". Come osserva acutamente Benedetta Craveri nell'introduzione, "Bonaparte non rappresentava per la scrittrice solo la negazione dell'ideale di libertà", dal momento che acquistava ai suoi occhi "una dimensione metafisica": era cioè l'incarnazione del male assoluto, così come il proprio padre il banchiere Necker, ministro delle Finanze al tempo di Luigi XVI rappresentava per lei l'uomo per eccellenza virtuoso. La notizia della sua morte la raggiunge nel 1804 in Germania, privandola di colpo della sua ombra protettiva; da quel momento, il rapporto a distanza tra Madame de Staël e Napoleone assume una drammaticità martellante: "Sarei stata arrestata ovunque comandasse la Francia", racconta, e per evitarlo decide di raggiungere Londra attraversando l'Austria, la Russia e la Svezia. Gli incontri importanti, i successi mondani, la generale ammirazione non sembrano mai appagarla del tutto: la presenza invisibile è in ogni pagina, "il fantasma della tirannia mi perseguitava dappertutto".
Franca Zanelli Quarantini
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