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I Malavoglia
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I Malavoglia - Giovanni Verga - copertina
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Malavoglia

Descrizione


"I Malavoglia" furono accolti al loro apparire, nel 1881, dall'indifferenza del pubblico e, salvo rare eccezioni, dall'ottusa diffidenza della critica. Negli anni seguenti, tuttavia, il romanzo si andò gradualmente affermando come uno dei capolavori della nostra letteratura e il suo autore come uno scrittore di prima grandezza. Nella storia della famiglia Toscano, detta dei Malavoglia, è analizzata acutamente la fine di una civiltà che si fondava sulla figura del patriarca e trovava il proprio simbolo in poche cose semplici, come la "casa del nespolo", la barca della Provvidenza, le viuzze di Aci Trezza, i proverbi del vecchio padron 'Ntoni: immagini umili ma ricche di una rude poesia, cariche di una saggezza antica. Con un saggio di Vincenzo Consolo. Introduzione di Carla Riccardi.
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Dettagli

2014
Tascabile
24 giugno 2014
LVI-288 p., Brossura
9788804645115

Valutazioni e recensioni

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Claudia
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È un libro un po' particolare, che narra le disgrazie di una famiglia quasi fosse quella più disgraziata del mondo. È un aspetto questo che va inserito in un contesto, quello di Trezza, che agevola il susseguirsi di sventure, con la sua politica chiusa, da cui non si riesce ad uscire. I Malavoglia sono al centro del romanzo, ma ai lati si trova il popolo, che fa parte di Trezza e del suo modo di vivere, della sua mentalità, dei suoi ideali. Come ideali, ad esempio, troviamo “l'attaccamento alla roba”, cioè i beni materiali che la famiglia deve possedere per poter vivere dignitosamente, e che all'inizio i Malavoglia avevano, per quel tanto che basta per vivere. Poi l'hanno perduta con quel carico di lupini, frutto di una speculazione attuata da Padron 'Ntoni, che, così facendo, ha avviato la disgrazia della famiglia. In questo frangente il vecchio patriarca è andato contro alle sue idee, di non tentare mai la fortuna, di sopportare passivamente, e di "fare solo il mestiere che sai", e per questo ha pagato caro. Quando seppe della tragedia sembrava quasi più disperato per i lupini che per il figlio Bastianazzo morto in mare. Oltretutto ho notato che in questo romanzo, è nettamente presente il pessimismo di Verga: la fine del libro "con quell'incondizionata accettazione di una tradizione e di un costume secolari che implica una condanna di ogni volontà di ribellione (Romano Luperini)" è un ritorno all'inizio, magari anche un po' peggiorato, senza possibilità di progresso. Questo è anche in parte confermato dal fatto che Verga voglia portare la famiglia al risanamento economico finale, ma non ci riesca bene per via della quasi esagerata situazione di Aci Trezza.

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Giovanni Verga

1840, Catania

Nato da famiglia di nobili origini e di tradizioni liberali, Giovanni Carmelo Verga crebbe alla scuola di Antonino Abate, esponente di una letteratura civile di ascendenza byroniana e guerrazziana. Verga può accedere a un’adeguata istruzione e viaggiare fuori dalla Sicilia, stabilendosi a Firenze e Milano, dove frequenta salotti e ambienti mondani. La prima fase della sua carriera di scrittore vede dunque romanzi di maniera, influenzati dal Romanticismo e dalla Scapigliatura. La sua prima prova romanzesca, "Amore e patria" (1856-57, inedito; tre capitoli ne furono pubblicati nel 1929), esce da quell’arroventata officina provinciale e affianca all’approssimazione linguistica l’enfasi patriottica. L’esordio pubblico avvenne nel 1861 con I carbonari della...

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