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Anche per me è un bel libro. Salvador è un grandissimo scrittore.In questo racconto e in tutti gli altri romanzi che ha scritto, traspare la sensibilià e l'umanità dell'autore. Bravo, bravo Marco.
Concordo con il giudizio di remo, anche se devo dire che in corso di seconda lettura riesco a cogliere sfumature che prima risultavano meno evidenti e che invece conferiscono una dignità letteraria all'opera. Non è forse il miglior romanzo di Marco Salvador, autore che stimo per sensibilità e capacità stilistica, ma è un'opera che egualmente lascia il segno, una sorta di raffigurazione della realtà attuale, in cui i contrasti sono spesso dai toni sempre più accesi.
Tutti i libri che ho letto di Marco Salvador per me sono da 5. Questo è da 5 meno. La quarta di copertina inganna. IL libro è anche sociale, ma non solo. Salvador comunque stupisce: passa dal romanzo storico alla narrativa ambientata ai giorni nostri cambiando registro di scrittura, ma senza mai deludere. Soprattutto, i suoi libri hanno ritmo. E vita vera.
Recensioni
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Dopo una trilogia narrativa a sfondo storico uniforme (Il Longobardo, 2004; La vendetta del Longobardo, 2005; L'ultimo Longobardo, 2006, tutti per le edizioni Piemme), con questo nuovo romanzo Marco Salvador ritorna all'impegno sociale. È la Venezia di oggi lo scenario dove l'autore ambienta la sua storia; ed è una storia che ci porta a meditare su almeno due argomenti di scottante attualità: l'eutanasia e le coppie di fatto.
Inserendo la vicenda in un intricato caso di spionaggio internazionale, Salvador ci racconta della giovane Natalìa, che ha un passato da "maestro di giustizia", un'esperta nell'infliggere torture e morte nel regime di Ceausescu; il che ha fatto di lei una donna gelida e disillusa. Con la caduta del regime, Natalìa ripara a Venezia, dove si lega a Jules, per scoprire ben presto che lui ha un cancro al cervello. Comincia una trafila di ricoveri, di tentativi per alleviare le sue sofferenze, accompagnati dallo sgomento di Natalìa per la sua estromissione da parte dei medici, poiché non ha nessun legame ufficiale con il malato. Jules dovrebbe operarsi, ma questo potrebbe ridurlo a un vegetale. Per evitare che si suicidi, Natalìa si lascia strappare la promessa che, se dovesse giungere alla fase terminale, lei lo aiuterà a morire.
Lontani dal mondo, per sfuggire ai clienti di Jules che gli danno la caccia perché solo con la scansione delle sue iridi è possibile decriptare i codici-sorgente dei programmi ai quali stava lavorando, i due affrontano insieme la malattia fino al momento in cui si verificano le condizioni per mandare a effetto la promessa di Natalìa. Ma anche un "maestro di giustizia" come lei, abituata alla morte, resta perplesso di fronte a questo estremo atto d'amore (e qui buona norma vieta di anticipare il finale del thriller).
Secondo lavoro di problematica sociale (dopo La casa del quarto comandamento, Fernandel, 2004, che denunciava la condizione degli anziani costretti nelle case di riposo), questo di Salvador è un romanzo crudo, esplicito; per certi tratti anche molto sensuale. La sua concisione non lo priva di densità e intensità. Un'intrigante trama a metà fra storia d'amore e romanzo d'azione è l'espediente letterario usato dall'autore per dibattere temi che, partendo da quello centrale dell'eutanasia, si estendono alla pratica di certe torture in alcuni regimi di oggi fino alle difficoltà delle coppie di fatto in momenti cruciali della vita. Salvador non esprime giudizi diretti su tali argomenti. Emerge evidente però il suo atteggiamento riguardo alla dignità del morire: contro la morte ospedalizzata che l'autore considera indice di inciviltà, a favore di una morte secondo natura, senza accanimento per contrastarla, lasciando che la barca abbandoni il porto da sé.
Mariantonietta Di Sabato
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