Scrivere racconti brevi è un'arma a doppio taglio. Non richiede certo lo sforzo di elaborazione proprio del romanzo, ma sublimare una vicenda di senso compiuto in una manciata di pagine è compito altrettanto arduo e accidentato. Aimee Bender, però, non sembra avvertirne la fatica, riconfermando ancora una volta la propria naturale predisposizione al racconto: con mano delicata ma sapiente si destreggia tra gli ostacoli del genere, regalando ai lettori quindici folgoranti piccole creazioni che riflettono su relazioni, amicizie, ma soprattutto sulle donne. Lo sguardo che l'autrice getta sul mondo è infatti carico di sensuale femminilità, e la realtà percepita dai suoi occhi si colora di una sensibilità istintiva, innata, tanto intensa da risultare spiazzante. Sono le donne a occupare prepotentemente la pagina, racconto dopo racconto: davanti al lettore fluiscono ritratti femminili dai contorni appena abbozzati ma dai particolari ben definiti, distinguibili per un dettaglio fisico o caratteriale che le rende immediatamente uniche e autentiche. In comune, queste donne, hanno la capacità di affrontare lucidamente il quotidiano con caparbia tenacia e trasognata leggerezza: due approcci alla vita opposti, inconciliabili, eppure perfette espressioni della scrittura dell'autrice, che miscela il realismo più tagliente alla magia della fiaba, accompagnando il lettore in un viaggio a più tappe che si dispiega dai college americani alle profondità dell'Asia. Quindici scenari diversi sono allora sfondo di vicende altrettanto singolari, testimoni di una narrazione che si concentra esclusivamente sui personaggi: donne, si è detto, eroine per un giorno dei capitoli a ognuna destinati; i personaggi maschili, che talvolta incontriamo, hanno della realtà una percezione non lucida, ma deformata e distorta. William soffre di analfabetismo facciale ad esempio, e non riesce a distinguere i tratti somatici delle persone; Hans crede di essere un criminale nazista, e muore schiacciato dal peso di questa convinzione; un professore di storia non si ricorda più i nomi degli oggetti. Microcosmi compiuti in se stessi dunque, universi differenti in cui il surreale s'insinua nel quotidiano impreziosendolo dell'elemento onirico, prima individuato e poi trasferito sulla pagina con disarmante delicatezza. Con La maestra dei colori Bender firma la propria personale interpretazione dell'esistenza, vergandola con slancio e consegnandola al lettore con tutta la freschezza della sua scrittura. LAURA SAVARINO
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