«La prima lettera di Calvino a me è del 1971, l’ultima del 1983. In tutto sono 17 lettere, fra edite e inedite; un arco di tempo lungo, intervallato da incontri a Torino presso la Einaudi e a casa sua, ancora a Torino e poi a Pineta di Roccamare; e a Firenze. Nell’Introduzione ricostruisco i nostri incontri e do conto delle nostre conversazioni. In qualche modo ho fatto il ritratto di Calvino come persona. Ma dalle lettere di questo grande intellettuale emerge il suo lavoro appassionato di editor, mai documentato fino a ora per nessun autore con questa abbondanza di testi. E questa è un’altra novità. Perché esse illustrano anche la storia di un libro, il mio "La Resistenza armata nella narrativa italiana", uscito da Einaudi nel 1976. Calvino si prese la briga di seguirlo passo passo, incoraggiandomi o correggendomi, brontolando quando i capitoli che gli mandavo avevano difetti, segnalandomi testi da leggere e temi da approfondire: il tutto con un’intelligenza e una passione quale si potevano finora soltanto attribuirgli e che qui sono ben documentate. E nelle lettere c’è anche altro: giudizi su autori, sul proprio lavoro (sia in generale che in particolare: per esempio sulle "Città invisibili"), anche sulla propria generazione e sul suo passato resistenziale; insomma, un’esemplare e grande disponibilità verso quel giovane intellettuale che io ero. Il mio primo saggio su di lui è del 1971, l’ultimo del 2017. "La lunga fedeltà" che ho dato al titolo è il mio scavo appassionato sulla sua opera, che non ha mai cessato di stimolarmi. Il titolo ha un’ascendenza nobile, perché l’ho mutuato dal volume di Contini su Montale: un critico che Calvino ammirava e un poeta che conosceva a memoria. Insomma: è quasi un cinquantennio che leggo e rileggo, fra gli altri, questo scrittore. Nell’orizzonte globale delle merci e dei libri – in cui mancano punti di riferimento per capire la nostra realtà, in questo clima in tutti i modi minaccioso – non sarà il caso di rileggere attentamente questo grande intellettuale-scrittore? E non sarà il caso che scuola e Università comincino a proporlo seriamente ai più giovani?» (Giovanni Falaschi)
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