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recensione di Mancia, M., L'Indice 1987, n. 2
Bisogna riconoscere che, dopo Elias Canetti, è necessario un certo coraggio per scrivere la propria biografia. W. Bion questo coraggio lo ha avuto e ha fatto un libro che, in alcune parti, riesce ad evocare profonde emozioni. Il libro si articola in tre sezioni: India, Inghilterra, la guerra, nelle quali sono esposte le tappe formative del carattere e della personalità dell'autore. Una lucidità estrema guida l'analisi dei molti episodi che hanno costellato la sua esistenza, specie quelli che si riferiscono alla sua infanzia in India. Il ricordo di quelle esperienze è presentato con una profondità di analisi che nulla toglie alla poesia che ne sprigiona. Le dinamiche familiari sembrano aver colpito la fantasia del giovane Bion protetto da una 'ayah', la bambinaia, che per quanto presentata come una vecchietta incartapecorita, sembra invece rispondere a tutti i requisiti di 'rˆverie' che, per il Bion analista, costituisce la caratteristica essenziale di una buona madre. Ogni emozione in India, nei primi anni, sembra ruotare intorno alla 'ayah', la separazione e l'impatto con la grande Inghilterra non devono essere stati dei più facili.
In Inghilterra Bion si accorge subito che esistono, come in India, gli "intoccabili". Non saranno più gente come la 'ayah' o 'Dhunia', lo spazzino amico di Nuova Delhi, ma gente come quella splendida signora che passa per la strada e alla quale non si può rivolgere la parola. Poi verranno i collegi e la rigida educazione inglese. Qui l'acutezza analitica, tuttavia, l'aiuta a mettere in rilievo alcuni inquietanti aspetti dei metodi educativi inglesi basati fondamentalmente su un rapporto di natura sadomasochista. Queste modalità per il giovane Bion saranno responsabili di problemi e atteggiamenti che costituiranno la base emozionale di ogni sua futura esperienza.
Le prime considerazioni di gruppo, che diventeranno poi argomento di interesse rilevante per il Bion adulto, si profilano già chiaramente nell'ambito di questa analisi dell'educazione in Inghilterra. Essere il leader del gruppo o decorato in guerra appare al giovane Bion di uguale valore e di uguale peso. Le difficoltà emotive che ne derivano diventano subito manifeste e costituiranno le basi per quelle geniali intuizioni sugli assunti di base che il Bion analista proporrà come ipotesi di analisi di gruppo.
È toccante la testimonianza personale sul sentimento di inadeguatezza che caratterizza questi momenti della sua adolescenza e vivissima appare la forza della sua educazione e del suo condizionamento in quanto membro di una élite britannica ed allievo di un collegio privato di grande rinomanza.
Ma la vera capacità rappresentativa ed evocativa esplode quando la sua esperienza di giovane eletto viene a contatto con la brutale realtà della guerra, di una guerra molto particolare come è stata quella del '15-'18 dove l'impatto personale non era ancora mediato dalla meccanizzazione. Questa è una delle più sconcertanti e toccanti testimonianze che possediamo nella letteratura di quel periodo e della vita di trincea in quella particolare guerra. Essa dà ampio spazio ad una riflessione analitica su tutto ciò che concerne gli imperscrutabili disegni che spingono i popoli ad autodistruggersi insieme ai problemi personali collegati all'ineluttabile e alla estraneità. Presi
in un gorgo senza senso come automi sospinti da un vento misterioso passano e scompaiono individui avulsi da ogni realtà, ai quali non rimane neppure la possibilità di una integrazione.
Al di là delle emozioni che veicola, il libro mi ha riportato, come un film di archivio, le immagini di un Bion già vecchio, conosciuto personalmente in occasione di vari seminari che egli ha tenuto a Roma e a Londra alcuni anni fa. Ricordo la sua possente statura e la sua tranquilla e sicura presenza che richiamava alla mia mente istantaneamente l'immagine di un budda solido e illuminato Egli era capace di rimanere immobile in una poltrona per ore, intento alla dinamica del gruppo e apparentemente insensibile alle domande che venivano spesso ansiosamente poste da noi allievi. Le risposte alle nostre domande non erano mai dirette. Spesso apparivano lontanissime da esse. Erano l'occasione per una elaborazione e una riflessione molto ampia che dava spazio all'immaginazione e alle associazioni di ciascuno. Tutto ciò era certo molto analitico ma suonava alle nostre orecchie più inesperte come sottilmente provocatorio.
Ricordo di aver vissuto personalmente sentimenti molto ambivalenti nei confronti di questo personaggio, sentimenti che mi hanno costretto ad un lavoro autoanalitico per raggiungere un livello emotivo che mi permettesse di apprendere il massimo da quella particolare e unica esperienza.
In realtà l'obiettivo epistemico centrale della lunga carriera di pensatore di Bion è stato sempre quello di stimolare nei suoi pazienti come nei suoi allievi la curiosità e di metterli in condizione di fare delle emozioni una fase essenziale del processo della conoscenza.
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