In che modo la scienza della visione ha contribuito alla teoria e pratica della rappresentazione visiva? E, viceversa, in che modo la teoria e la pratica della rappresentazione pittorica possono aver contribuito allo sviluppo della scienza della visione e del visibile? La moderna definizione scientifica di immagine è il risultato della trasformazione del concetto di luce, avvenuta tra XIII e XIV secolo, per effetto di una lunga elaborazione delle esperienze fisiche che ha portato la luce ad essere riconosciuta come un fatto fisico. Nel XV secolo, l'immagine proiettata da un fascio di luce era compreso dai filosofi della natura come una "forma e colore" della luce emessa da quel corpo. Ma già all'inizio del XVI secolo, la consapevolezza degli effetti della proiezione luminosa su una superficie fu testimoniata con chiarezza da Leonardo da Vinci, che per primo paragonò alla pittura le forme e i colori delle proiezioni luminose su un foglio di carta. Johannes Kepler fu il primo ad elaborare, nel 1604, la distinzione teorica tra immagine reale (quella proiettata su un supporto) da lui chiamata "pictura", e quella virtuale chiamata "imago"; che non avendo supporto materiale rimane pura proiezione luminosa. Da questo percorso storico nasce il convegno interdisciplinare Lumen, imago, pictura tenutosi il 12 e 13 aprile 2010 alla Bibliotheca Hertziana - Istituto Max Planck per la storia dell'arte e all'Accademia di Belle Arti di Roma, con l'obiettivo di analizzare il contributo dei saperi artistici alla costituzione del moderno concetto di immagine basato sulla concezione della luce come fenomeno fisico e su come tale moderno concetto di luce e di immagine abbia contribuito all'idea di pittura moderna e all'evoluzione del suo processo operativo.
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