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Il volume raccoglie gli atti del convegno su Salvatorelli, tenutosi, in occasione del trentennale della morte, nel novembre del 2004, a Marsciano, borgo umbro, paese natale e sede oggi della Fondazione a Salvatorelli dedicata. Si tratta di un libro prezioso, che interviene a colmare una singolare lacuna della nostra storiografia, all'interno della quale mancava un'opera che restituisse questa figura in tutta la sua complessità. Studioso insigne, capace di affrontare con competenza discipline e ambiti cronologici fra loro anche molto distanti, Salvatorelli, come il libro nei numerosissimi contributi dimostra, fu un intellettuale straordinariamente versatile. Animato da una tensione etica e politica che ne avrebbe determinato interessi di studio e scelte di vita, visse il mestiere di storico come un servizio verso il proprio paese e verso l'ideale di una moderna democrazia liberale: una sobria, ma ferma, milizia politica e civile che lo spinse a farsi di volta in volta giornalista politico, divulgatore storico, organizzatore di cultura e testimone, e che emerse, come un tratto caratteristico della sua personalità intellettuale, assai prima della lotta contro il fascismo.
Nato in una famiglia profondamente cattolica, la formazione del giovane Salvatorelli, studente di lettere all'Università di Roma, avverrà alla luce della temperie modernista. Da qui deriverà il suo interesse per la storia delle religioni, in particolare le origini del cristianesimo, campo di studi in cui si distinse assai precocemente (nel 1915 diverrà professore di storia del cristianesimo presso l'Università di Napoli). Ammiratore degli studi di Loisy e di Tyrrell, amico di Buonaiuti, Salvatorelli non tarderà però a darsi conto dei limiti intrinseci presenti nelle posizioni sostenute dai modernisti. E non solo per la sconfitta da essi riportata nel confronto con il pontificato di Pio XI. Fin dai suoi esordi di studioso, egli infatti se ne distinguerà per un approccio alle tematiche religiose rigorosamente laico, seppur sostenuto dalla convinzione, che non lo abbandonerà mai, dell'insopprimibilità della dimensione religiosa umana e della sua cruciale importanza per la vita delle società, anche di quelle moderne. Giolittiano "critico" in politica, nel 1915 assumerà una posizione radicalmente neutralista. Delle "radiose giornate" del maggio del '15 scriverà sempre, retrospettivamente, nei termini di un vero colpo di stato, da cui avrebbe avuto inizio la deriva autoritaria e reazionaria dell'Italia liberale, dimostratasi tragicamente incapace di evolvere in una democrazia compiuta.
Il sostegno al neutralismo giolittiano vale a spiegare la cooptazione, avvenuta nel '21, alla direzione di "La Stampa" per volere dell'editore e direttore Frassati. Calatosi nel ruolo di giornalista politico, Salvatorelli individuerà, fra i primissimi, nel movimento fascista una minaccia esiziale per la libertà degli italiani. Quella lettura in presa diretta delle origini del fascismo sarà raccolta in un fortunato instant book per le edizioni di Piero Gobetti con il titolo di Nazionalfascismo (1923), che diverrà, assai più del successivo Irrealtà nazionalista (1925), uno dei testi classici dell'antifascismo democratico e un riferimento ineludibile per la storiografia successiva. Allontanato da "La Stampa" alla fine del '25, Salvatorelli, che nel frattempo aveva aderito all'Unione nazionale di Amendola, privo di una stabile professione, negli anni del fascismo è autore di una mole straordinaria di testi di tipologia assai variegata, di indubbia ispirazione antifascista. Fra questi non si possono non segnalare il Pensiero politico italiano dal 1700 al 1870 e Pensiero e azione del Risorgimento, scritto nel marzo 1943, entrambi ispirati dalla volontà di opporsi alle manipolazioni della storia d'Italia operata dal fascismo, invitando i lettori a riscoprire un deposito di cultura politica intrinsecamente democratica, che rimontava quanto meno all'Illuminismo settecentesco.
In contatto con Giustizia e Libertà − sarà collaboratore dei Quaderni − aderirà al PdA, cui fornirà un importante contributo in qualità di direttore, insieme a Guido De Ruggiero, del periodico "La Nuova Europa". Alla ricerca di quel "partito della democrazia"che avrebbe dovuto ispirarsi alle più avanzate esperienze dell'Occidente, il New Deal roosveltiano e il laburismo inglese, Salvatorelli avrebbe seguito La Malfa e Parri nel Movimento per la democrazia repubblicana. Nel secondo dopoguerra, avrebbe continuato la sua attività di studioso, offrendo meritoriamente, fra le altre cose, la prima vera sintesi storica degli anni del fascismo (Storia d'Italia nel periodo fascista). La traiettoria è così completa. E il volume si avvale di una sterminata bibliografia salvatorelliana, curata da un gruppo di giovani studiosi.
Cesare Panizza
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