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Libro ben studiato che apre interrogativi sulla reale capacità di percepire la negatività pur di uno dei personaggi più atroci della storia umana. La società si accorgerebbe che Hitler è Hitler con quanto questo voglia dire? Peccato un finale che diventa un po' evanescente. Comunque super consigliato
Nonostante il finale aperto, che lascerebbe pensare ad un seguito più scoppiettante e degno del personaggio messo in scena, lo scrittore dal 2013 non ci racconta più niente, lasciando cadere nel vuoto un’impalcatura fittizia che regge abbastanza bene la prova, non solo editoriale, e si presta altrettanto degnamente, come è accaduto, a trasposizioni cinematografiche e adattamenti nazionali, perché in fondo anche noi italiani abbiamo avuto il bel personaggio storico quantomeno stravagante che vorremmo vedere alle prese con la postmoderna democrazia liberale e con l’ambiguo pluralismo culturale. L’esperimento narrativo, giocato tutto sull’anacronismo, è molto ben riuscito e risulta accattivante nell’intrecciare i reali pensieri del personaggio storico, recuperati nei suoi scritti e nelle sue biografie ufficiali, con una realtà contemporanea che non ha fatto ancora i conti con il suo passato, che non ha ancora risolto definitivamente alcuni conflitti sociali, politici e culturali, ma che ne ha aggiunti altri, materiale elettorale utilissimo per l’avanzata di un nuovo Führer, che poi è sempre il vecchio e che in determinate situazioni potrebbe ancora riscuotere un impressionante successo, giacché, in fondo, individuare dei nemici verso i quali far confluire l’odio della comunità, e da ultimo eliminarli, ha sempre funzionato come strumento politico per chi rinuncia alla fatica del pensare.
Nonostante il finale aperto, che lascerebbe pensare ad un seguito più scoppiettante e degno del personaggio messo in scena, lo scrittore dal 2013 non ci racconta più niente, lasciando cadere nel vuoto un’impalcatura fittizia che regge abbastanza bene la prova, non solo editoriale, e si presta altrettanto degnamente, come è accaduto, a trasposizioni cinematografiche e adattamenti nazionali, perché in fondo anche noi italiani abbiamo avuto il bel personaggio storico quantomeno stravagante che vorremmo vedere alle prese con la postmoderna democrazia liberale e con l’ambiguo pluralismo culturale. L’esperimento narrativo, giocato tutto sull’anacronismo, è molto ben riuscito e risulta accattivante nell’intrecciare i reali pensieri del personaggio storico, recuperati nei suoi scritti e nelle sue biografie ufficiali, con una realtà contemporanea che non ha fatto ancora i conti con il suo passato, che non ha ancora risolto definitivamente alcuni conflitti sociali, politici e culturali, ma che ne ha aggiunti altri, materiale elettorale utilissimo per l’avanzata di un nuovo Führer, che poi è sempre il vecchio e che in determinate situazioni potrebbe ancora riscuotere un impressionante successo, giacché, in fondo, individuare dei nemici verso i quali far confluire l’odio della comunità, e da ultimo eliminarli, ha sempre funzionato come strumento politico per chi rinuncia alla fatica del pensare.
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