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Non ci sono forse tempi migliori per pubblicare in edizione italiana il libro di Ferruccio Rossi-Landi (1921-1985) Linguistic and Economics, pubblicato in inglese nel 1974, e che avrebbe completato – come ci ricorda Augusto Ponzio nella premessa – la quadrilogia, di cui facevano parte già i tre volumi editi da Bompiani, Il linguaggio come lavoro e come mercato (1968, nuova edizione 1983), Semiotica e ideologia (1972, nuova edizione 1983) e Metodica filosofica e scienza dei segni (pubblicato nel 1985 pochi mesi prima della sua morte).
Ferruccio Rossi Landi è stato un precursore nel quadro della semiotica materialista e delle sue implicazioni rivoluzionarie. Infatti non bisogna dimenticare che, sulla scorta della tradizione hegelo-marxista, la teoria dell’ omologia della produzione linguistica e della produzione materiale di Rossi-Landi propone di considerare il linguaggio come lavoro e come mercato (al di là del puro metaforismo cui si è cercato di ridurla), tanto da poter stabilire uno schema di corrispondenze omologiche tra gli artefatti materiali e quelli linguistici. Ponendo dunque la capacità umana di lavorare alla base dell’ominazione, così come è stata descritta da Hegel, Marx ed Engels, Rossi-Landi “coglie nella riproduzione sociale come principio di ogni cosa i due campi che la determinano – la produzione (materiale) di oggetti e la produzione (linguistica) di segni verbali e non verbali – al livello della loro radice comune, a partire dalla quale si diversificano: il lavoro, appunto” 1 .
Il linguaggio è dunque lavoro, mentre ogni lingua storico-sociale è il prodotto di questo lavoro, output che può essere utilizzato o re-immesso a sua volta nel processo produttivo come materiale o strumento di nuovo lavoro, come avviene nella produzione di oggetti.
Sono evidenti qui le radici materialistiche di Rossi-Landi, influenzato anche dal fatto che la sua semiotica, oltre a utilizzare i fondamenti del pensiero marxista, fa riferimento a un mondo produttivo ancora intriso dal paradigma fordista-industriale. Ciononostante, in parziale sintonia con il pensiero femminista italiano e in anticipo sulla discussione relativa al “farsi produttivo della cura” (cfr. Cristina Morini, Riproduzione sociale, in Piccola enciclopedia precaria, a cura sua e di Paolo Vignola, AgenziaX 2015), Rossi-Landi si sofferma sul concetto di riproduzione sociale: “alla base della riproduzione sociale sta il fatto che l’uomo [nel senso di essere umano, n.d.r.], un animale sociale di tipo particolare, lavora, e lavorando, produce se stesso”. E poco più avanti: “Al livello più elementare, possiamo distinguere tre momenti fondamentali della riproduzione sociale: produzione, scambio e consumo. Come ha mostrato Marx una volta per tutte, questi tre momenti sono così strettamente interconnessi, che se ne può parlare separatamente solo facendo una deliberata astrazione”.
Da un punto di vista economico (lascio ad altri più competenti di me l’analisi dal punto della filosofia del linguaggio), Rossi-Landi si muove ancora all’interno della dicotomia “lavoro” (strumento di produzione) e scambio (realizzazione del consumo), tipica per l’appunto del paradigma fordista. Ma Rossi-Landi intravvede già nell’atto del linguaggio (inteso come ambito di produzione e di lavoro) le modalità della sua realizzazione nello scambio di mercato e quindi il superamento di questa dicotomia, che proprio nel concetto di riproduzione sociale vede la sua esplicitazione. Sarà con il pieno dispiegarsi del nuovo paradigma del capitalismo cognitivo, che sulle tecnologie linguistiche e comunicative (Ict) fonda la sua capacità di accumulazione e realizzazione del plus-valore, che si potrà arrivare ad una sintesi.
In tale contesto, l’analisi di Rossi-Landi è complementare a quella di John L. Austin (Come fare cose con le parole, traduzione di Carla Villata , Marietti 1987) sul linguaggio performativo: quel linguaggio che nel momento in cui si attua è già di per stesso direttamente produttivo, senza bisogno di divenire anche scambio di mercato. O meglio, come ci insegna Christian Marazzi (Capitale&linguaggio, DeriveApprodi 2002), diventa esso stesso “capitale. Ma Rossi-Landi viene a mancare proprio all’inizio del processo di finanziarizzazione, e quindi non può osservare il “lavorio” del linguaggio come motore delle convenzioni che regolano la dinamica speculativa dei mercati finanziari.
Recensione di Andrea Fumagalli.
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