Come annunciato nel primo volume dell'anno, il numero 2-2024 di Limes è interamente dedicato all'Italia. A "Una certa idea di Italia", come recita il titolo: idea che, analizzato in dettaglio il declino demografico, strategico e culturale del paese, non si rassegna ad esso. Provando dunque a delineare un'agenda concreta e immediata di rilancio, per scongiurare una marginalità dannosa ed estremamente onerosa per il paese. Questo volume suona un allarme che, per il suo forte radicamento nei dati di realtà, rifugge il vuoto allarmismo e si concentra sulle manifestazioni reali, tangibili del problema. L'accelerazione e l'inasprimento delle dinamiche geopolitiche toccano il nervo scoperto della nostra immaturità culturale e strategica di fronte a scelte dirimenti. Oltre a esacerbare i divari socioeconomici interni e le inadeguatezze politico-istituzionali che ci trasciniamo dalla guerra fredda. Il riferimento è anzitutto alla confusione geostrategica dell'America, nostra potenza di riferimento. Ma anche alla violenta destabilizzazione dell'Europa orientale e del Levante, al rigurgito antieuropeo nel Sahel e in un Nord Africa già destrutturato dalla guerra libica, alle ripercussioni sul Mediterraneo - cordone ombelicale che lega l'Italia al mondo - e all'aumento della competizione Cina-Stati Uniti, con i suoi profondi impatti economici. Il volume affronta tre aspetti specifici del declino e della sua possibile, urgente inversione. Quello antropologo-culturale - nella prima parte: "Come cambia il nostro fattore umano" - riflesso e accentuato dal costante depauperamento degli studi storici e classici, nel quadro di una massiccia de-culturazione che impoverisce il paese. Quello economico-tecnologico-industriale - nella seconda parte: "Il declino accelera, ma non è un destino" - letto anche alla luce di una dinamica istituzionale che favorisce la destrutturazione di poteri e competenze statali. Quello internazionale - nella terza e ultima parte: "Che fare nella Guerra Grande" - stante la somma delle crisi, regionali e non, che si ripercuotono a vario titolo sul nostro paese. Sullo sfondo, la ferma convinzione che cedere al "declinismo" accentui la traiettoria attuale: pericolosa e di non facile inversione, ma per nulla inevitabile.)
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