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Recensioni Lievito madre. Storia della fabbrica salvata dagli operai

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Per mesi Carlo, Michele e Davide, tre operai della Melegatti, sono entrati ogni giorno nella fabbrica chiusa per tenere in vita il centenario “lievito madre” del pasticcere Domenico, l’inventore del pandoro, nella flebile speranza che la sorte dell’azienda, come la loro e quella dei colleghi, potesse dipendere, al di là delle drammatiche vicende societarie, dalla vita di quel prodigioso impasto. Morta la “mare”, come lo chiamavano nel loro dialetto, sarebbe morto anche il pandoro più antico d’Italia, il dolce natalizio di Verona conosciuto in tutto il mondo. In tempi in cui molte fabbriche muoiono nel silenzio e nell’indifferenza, il loro gesto ha destato ammirazione e commozione anche al di là dell’Oceano. Per la gente il Natale era un po’ anche il pandoro Melegatti, che negli Anni Sessanta la pubblicità di Carosello aveva fatto conoscere in tutte le case. La sua nascita era legata al rito contadino del “levà”, un impasto che nelle corti della campagna veneta le donne preparavano la notte di Natale per poi attendere tutte insieme che la luce del mattino lo facesse lievitare. Era un piccolo portento che regolarmente si compiva. Molto tempo dopo, il miracolo in cui speravano i dipendenti della Melegatti riuniti in presidio davanti ai cancelli della fabbrica non si è avverato. Era impensabile che per la prima volta dopo 124 anni ci fosse un Natale senza il pandoro del signor Domenico. Ma il lievito madre non doveva morire. Fino a quando avesse pulsato il cuore antico dello stabilimento, niente era perduto del tutto. )
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