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Un lieve disordine - Jonathan Keates - copertina
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Descrizione


La raccolta "Un lieve disordine", tradotta in italiano da Mario Scotognella, fu scritta da Jonathan Keates in un arco temporale di dieci anni. Si tratta di quattro novelle nelle quali è pervasiva la presenza dell'Arte, demone che ognuno dei protagonisti crede di poter afferrare. Le aspirazioni di ciascuno, tuttavia, si scontrano con le difficoltà di un tempo e un luogo difficili, vale a dire l'Italia preunitaria col suo sfondo di complotti, di violenza repressiva, di dolore impotente e di idealità confuse. Vi si intravede lo stesso senso di smarrimento e di incertezza morale che incombono sull'Italia di oggi. "Uno studio più approfondito della storia italiana e della sua cultura - scrive Keates - ha notevolmente inciso sulla mia capacità di comprenderla a fondo. In più è cresciuta la mia conoscenza dell'Italia in sé, della sua lingua e della sua gente. Sento, nondimeno, che questa Italia immaginaria, ricostruita da uno scrittore inglese, possegga una certa attendibilità e sono lieto di sottoporla, finalmente, al giudizio dei lettori italiani".
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Dettagli

2015
30 settembre 2015
174 p., ill. , Brossura
9788896551196

Voce della critica

Jonathan Keates si può annoverare tra gli esempi più alti d’una tutta britannica gentility, ovvero tra i rappresentanti d’una certa classe media, colta, portata a viaggiare e a coltivare interessi eclettici. Un tipo d’intellettuale semplificabile nella categoria dei geniali dilettanti. L’Inghilterra del XX secolo ne ha prodotti in quantità, attingendo da un ampio bacino d’esteti più o meno legati all’aristocrazia. Pensiamo al mondo di Edith, Osbert e Sacheverell Sitwell, di Harold Acton, Norman Douglas, Lord Berners, e Max Beerbohm, tutti attratti dall’Italia, in cui hanno a lungo vissuto ed hanno fatto oggetto dei loro romanzi o travelogue. La scrittura di Jonathan Keates non mostra però tracce della snobistica autoindulgenza dei Sitwell & Co. I suoi lavori infatti, non solo soddisfano curiosità più disparate, ma garantiscono rigore stilistico e precisione. Nato a Parigi nel 1946, Keates è stato educato a Bryanston ed al Magdalen College di Oxford e ha poi insegnato inglese alla City of London School. Il libro, che vinse i prestigiosi James Tait Black Memorial Prize e l’Hawthornden Prize, contiene quattro short stories ambientate nella prima metà dell’Ottocento tra la Calabria, il Ducato di Mantova e le città di Venezia e Vicenza, e mostrano l’Italia in una fase di densa inquietudine che sarebbe poi sfociata nelle guerre d’indipendenza. Ognuno dei racconti è narrato attraverso gli occhi di diversi stranieri in viaggio nel nostro paese, alla ricerca di irraggiungibili ideali artistici; di contro, si presenta loro una realtà cinicamente prosaica. In Sul far del giorno, ad esempio, il pittore di paesaggi Cattermole è disorientato dalla resistenza armata che i locali oppongono alla dominazione borbonica. La Calabria che ci viene mostrata è ancora quella descritta da Edward Lear in Journals of a Landscape Painter in Southern Calabria nel 1852, o da Charles J. Lever in Paul’s Gosslett’s Confessions nel 1868, lontana anni luce dall’idillio sensual-mediterraneo di D. H. Lawrence o di Norman Douglas. Le vicende degli ultimi due racconti, ispirati a Wagner e a Ruskin, sono a tal punto permeate della vasta cultura musicale di Keates (autore di biografie di Händel e di Purcell) che il teatro dell’opera diventa il perfetto setting di delusioni letterarie, musicali e artistiche.

Recensione di Elisabetta d’Erme

 

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