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Nell'ambito della cronachistica di guerra, l'ultima fatica letteraria di Moscadelli, rinomato esperto in ambito archivistico e già autore, in passato, di una pregevole ricostruzione dell'Archivio "De André", si inserisce brillantemente col resoconto minuzioso delle innumerevoli vicende esperite e patite dal protagonista, Giulio Bogino, nato a Terranova Pausania (oggi Olbia) nel 1923 e scomparso a Roma dieci anni orsono, In qualità di radiotelegrafista-segnalatore della Marina Regia fu inviato nel 1943 in zona di guerra nell'allora Jugoslavia, impiegato dapprima a Pola, poi a Fiume, a Sussak e infine a Sebenico, dove fu catturato dai tedeschi pochi giorni dopo l'annuncio dell'armistizio e deportato in Germania: dapprima trattenuto nel campo di smistamento di Wietzendorf e poi trasferito al lager "Birke" di Dunenberg, a sud di Amburgo. Per un anno e mezzo fu costretto a lavorare in vari ambiti militari e soprattutto nella fabbrica di esplosivi "DAG", poi bombardata dagli inglesi il 7 aprile 1945. Il 1° maggio Bogino e i compagni di internamento furono liberati e dal suo "Diario", decisivo per la ricostruzione a posteriori degli eventi, emergono i forti legami di solidarietà maturati durante la detenzione, le terribili fasi della deportazione e il difficile reinserimento nella vita da "civile": il protagonista fu costretto ad accettare occupazioni saltuarie pur di sbarcare il lunario, ma riuscì comunque a diplomarsi ragioniere nel 1956, lavorando in tale qualità negli anni Sessanta. In seguito e fino al 1989, anno del pensionamento, svolse la propria attività nell'ambito della produzione cinematografica. Quella di Bogino fu una vera e propria odissea esistenziale e nel testo vengono riportate puntualmente lettere, mappe dei luoghi di internamento, nonché testimonianze fotografiche del suo ritorno in Germania in tre occasioni, tra il 1969 e il 1971. La "bogineide" è corredata da tante altre raffigurazioni, rendendo ancor più pregevole la qualità complessiva del testo.
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