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Il Neunfelsenbuch (Libro delle nove rupi) è un testo per certi versi epocale. Grazie alla Finestra editrice, che con questa uscita persevera nel suo credo filologico, ignorando gli scopi commerciali dell'editoria del XIX secolo, è giunta fino a noi quest'opera medievale che si pone come summa del pensiero religioso occidentale che va sotto il nome di mistica renana. Una fortuna alterna ne ha custodito fino ad oggi la purezza originaria, miracolosamente scampata alle numerose edizioni spurie e di rimando che fanno della conservazione di questo libro uno dei misteri nella trasmissione del testo scritto. Stefano Salzani, il curatore e traduttore dal tedesco altomedievale cui si deve la restituzione in italiano, con testo originale a seguire, non esita a definire e a identificare il volume come il «testo riferimento della dottrina degli "amici di Dio"». La nota comunità spirituale sorse in un'epoca, quella del banchiere strasburghese Rulman Merswin cui è attribuito, ossia il XIV secolo, in cui vari sconvolgimenti sociali e naturali potevano far supporre ai più l'arrivo immanente della fine, e in cui proliferavano gruppi di mistici laici percepiti come arche di salvezza nel diluvio della corruzione. Fin qui, la storia del libro, il cui sfondo apocalittico è lucidamente ritratto da Salzani. Il lettore si addentra poi in una visione, le cui balze (le nove rupi) non possono non evocare la nota immagine dantesca. Il testo si snoda sotto forma di dialogo fra l'uomo e la personificazione della (sua?) risposta. Nell'esortazione continuamente ripetuta di questa: «Apri gli occhi e guarda», chi legge non può esentarsi da una riflessione oltre la storia, poiché l'invito a guardare s'intende sempre "sopra di te", gettando un ponte sull'unità trascendente delle religioni, verso quella comunità di pochi uomini - gli abitanti della nona rupe - sulle cui spalle si reggerebbe il mondo.
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