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Poetico e filosofico allo stesso tempo, questo testo mi sembra un'ottimo compagno di viaggio per i nostri anni così confusi e contraddittori nei confronti degli stranieri. In modo affascinante l'autore si accosta al tema della soglia, dello straniero, dell'accoglienza del diverso (che prima di tutto è accettazione dello straniero che è in noi)... Per andare al di là degli slogan senza fondamento, per interrogare la realtà e leggerla con uno sguardo un po' più profondo e meno banale.
Quando penseremo a un Novecento preso a morsi dal dolore del vivere, da un Dio sordo ad ogni bussata umana, dall'uomo che goffamente tenta di rifare un grumo d'eco nei tanti deserti del silenzio, il nome di Edmond Jabès si staglierà senza uguali in ogni memoria attenta, meritoria. Dovremmo dirci scampati ogni giorno, ogni attimo che viviamo. A cosa? Al senso? Al suo opposto? Alla grezza e corrotta materia che avvolge ogni respiro? Alla vita guasta e ovvia delle tante greggi pascolanti? Se questo è vero allora non resta che dirsi ospiti, grati sodali di un mistero che - pur facendoci dimorare nei gironi dello straniero - è almeno singhiozzo di ricerca, bava di ascolto, interrogazione, alito, resistenza. Scricchiolanti righi appesi fra le pagine come ceselli giunti da un altrove che ci guida, ci sprona, ci domina e ci lacera insieme, lame di domanda dentro un fuoco brevissimo, ma intenso, questa è la mano sul foglio, il già detto, il già scritto, ma rivissuto come in uno sterno che di continuo sente nelle sue stanze il lavoro della chiave che tenta di aprirlo, di sondarlo, di coglierne l'essenza. Poeta di meraviglie distillate, di un sofferto ebraismo umilissimo: "Solidale con lo scritto è il grido solitario". Prose identiche a rintocchi sensibilissimi, agguati e dolcezze, raffiche e bruciori, attorno a un condensato di inquietudini che alzano la poesia al suo picco supremo:"C'è una cosa da dire, e abbiamo tanta difficoltà a dirla". Siamo parlati? Siamo decisi? E perché quest'arcana sostanza non ci aiuta alla fine a sciogliere nei nostri sensi le ruvide morse di qualche forte dubbio? La risposta giunge senza esitazioni:"Non scavalchiamo mai le frontiere fluttuanti del dicibile". Il divino, l'Altro, chi interroga allora? E, soprattutto, chi è l'uomo che azzarda un muco di risposta. Nelle parole è il segreto del poeta, nel poeta il segreto delle parole. Non è né lotta né danza, ma una reciproca ospitalità nel caldo abbraccio di un qualcosa.
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