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Il giovane che cammina curvo con le mani in tasca e un grosso pesce salato stretto sotto il braccio, recluso in sé e attento a non incrociare lo sguardo con coloro che non reputa suoi simili, si chiama Marcel e mentre procede sullo stretto sentiero che immette al libro e ne costituisce in certo modo il quieto presagio, lo prendiamo per ciò che ha l'aria di essere: un bizzarro personaggio che dà l'avvio a un libro di racconti. Ma non è vero, Marcel è lì per ingannarci, ve lo dico subito, e sarà bene che ne teniate conto. Marcel è in realtà il gentile, anche se puzzolente e inquietante, guardiano di un inferno. Marcel rimane impigliato nelle nostre retine mentre ci addentriamo in una inquietante cittadella dove, uno dopo l'altro sfilano davanti agli occhi, ma anche ai sensi, inorriditi, le immagini ieratiche, sontuose e raggelanti dei vizi. Non si tratta dei comuni vizi ma del Vizio nella sua forma più compiuta e sapiente, nella forma allegorica di una deformazione meditata e scandagliata fino alle sue radici più profonde per condensarsi infine nelle stanze definitive del Male. La visione e la comprensione di questa dimensione producono un corto circuito nel lettore, al quale è bene che si prepari. Di qui lo scrupolo dell'avvertenza in apertura. Nelle tre sorelle che abitano il racconto dell'Iceberg si scende di un gradino nel teatro infernale di Corteau, e tra le sue creature difformi comincia a ingigantire una visione della donna come genio del femminile nella sua forma più cannibalesca, predatoria, castratrice eppure totalmente innocente. Le tre sorelle sembrano uscire da un quadro di Bosch o dai grotteschi atroci scherzi dipinti da Goya e forse solo grazie a questo ed altri riferimenti attinti dal mondo dell'immaginario pittorico già metabolizzato riusciamo a vederle muoversi parlare e attuare qualcosa d'altro e di terribile senza esserne inghiottiti. Ma dietro la porta del racconto seguente ci aspetta Madeleine, bellissima prostituta priva di denti e dalla bocca prodigiosamente esperta, ed è solo per una breve vertigine che il lettore è portato a intravedere cosa accadrebbe se Madeleine non avesse deliberatamente scelto di farsi estrarre tutti i denti..Ma la discesa è ancora lunga e quando subito dopo ci imbattiamo in Isabelle, siamo orami consapevoli di trovarci al cospetto di un totem ancestrale destinato a toglierci il sonno e la pace. Inoltrandoci ci imbattiamo nella coppia luciferina di gemelli che ci scortano come due cariatidi identiche e forsennate più a fondo nel mistero di una malvagità perfettamente speculare e complementare. Ma è nel bordello-santuario di Starvarine che si compie la cerimonia sacrale dove tutto acquisisce una luce o una tenebra totalizzante e abbagliante. Allora, come emergendo da un sonno ipnotico e visionario sappiamo che i racconti sono una sorta di cauterizzante iniziazione , una meditazione sul limite e la furia che può scatenare nella natura umana. E' utile tener presente come nella sapiente postfazione a questo libro che esistono illustri precedenti a questo esercizio dello spirito filosofico e speculativo sul male e la perversione, ed è bene tenerne conto. Si può infatti indagare nei recessi e negli enigmi del male per mezzo di allegorie letterarie, ma i modelli che i grandi artisti e pensatori del passato ci forniscono si dispongono nel nostro universo mentale come pensiero organico e nitido e non bastano più a codificare il contemporaneo e caotico assalto dell'orrore quotidiano parcellizzato in infinite repliche quotidiane. Dall'incessante diluvio di un male banalizzato dalla cronaca rispondiamo con un narcotico stordimento prima di passare all'istante successivo e al prossimo orrore. E' in un certo modo in quel punto preciso che questo libro ci aspetta come per un agguato e, lontano da qualsiasi intento morale o filosofico semplicemente percuote le pareti della nostra veglia apparente con immagini e movenze capaci di farci finalmente balzare in piedi, interrogandoci in una strana e spaventosa lingua. In fisica esiste il fenomeno dei buchi neri, e, ci insegnano i fisici nucleari, un buco nero è rilevabile attraverso ciò che essi denominano "l'Orizzonte visibile degli eventi" che non è altro se non l'incandescente circonferenza sull'orlo della quale la materia , bruciando, scompare nel nulla e nella tenebra di un evento estinto. Questo libro assomiglia un po' a quell'orizzonte visibile appena per un istante e che continua a persistere solo nell'impronta bruciante che ha impresso sulla nostra retina. "Che la mia parola scritta sia come un pugno che percuote e spezza un mare di ghiaccio" scriveva Kafka nei suoi diari.
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