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Anno edizione: 2018
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I capitoli 16, 18, 19 e 20 sono i più emozionanti e travolgenti, in quanto l’autore inizia a narrare le peripezie di un ferito, dall’avventuroso trasporto dal luogo del massacro (il Bataclan, la notte del 13 novembre 2015) sbatacchiato sul cassone di un camion dei pompieri, poiché non v’erano più ambulanze disponibili, al ricovero in ospedale, in mezzo al caos di un continuo arrivo di feriti, alcuni molto gravi e bisognosi di precedenza assoluta. Poi la corsa in chirurgia d’urgenza, per finire al reparto rianimazione, circondato da fili, sonde, flebo e tubi. E qui c’è la parte più commovente di tutto il racconto: Larher scopre il mondo sotterraneo degli ospedali, quella schiera di infermieri e inservienti (e naturalmente di medici) che ogni giorno si sacrificano per il bene altrui, in silenzio, senza clamore, senza esibirsi in TV o nei talk show, con una dedizione straordinaria, non certo giustificata dagli stipendi a volte ben poco rimunerativi. Ed è un peana che Larher dedica a questi lavoratori e al sistema sanitario nazionale, che giustamente difende dallo sciacallaggio delle privatizzazioni e dal sistema capitalistico che vuole lucrare anche sulla salute dei cittadini. Di questo dovremmo ricordarci nella remota ipotesi di un ricovero ospedaliero. Molti altri capitoli (i Visto da Fuori, da I a XVI) fanno invece da contorno e a mio giudizio sono troppo Larher-centrici: sembra che tutto il rione, anzi tutta Parigi - che dico? – tutta la Francia pianga e si disperi per la crudele sorte del protagonista. Messaggi che s’incrociano sul Web, sui telefoni cellulari, su ogni mezzo di comunicazione. Parecchi di questi capitoli non aggiungono gran che al racconto, anzi introducono un’involuzione del discorso. Sarebbe stato preferibile vederlo dialogare con altri feriti ivi ricoverati o con altri ritrovati post-Bataclan e creare un filo rosso su questi eventi, come nelle tragedie greche. Per scavare magari sui moventi socio-politici di questi pazzi attacchi dell’ISIS.
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