Alessio Fransoni è teorico e storico dell'arte (Dottorato di Ricerca conseguito presso l'Università di Roma “La Sapienza”). Attraverso saggi, mostre e conferenze, in istituzioni italiane ed estere, ha elaborato una ricerca e una lettura critica focalizzata sulle interrelazioni e i rispecchiamenti, strutturali e teorici, tra arte contemporanea e altre discipline e aree del sapere (filosofia, economia e teoria politica). Una teoria politica dell'arte a partire da Hannah Arendt La relazione tra arte e politica può essere indagata in diversi modi, su diversi piani e con diverse finalità. Qualsiasi via si scelga di percorrere si dovrebbe cercare di evitare almeno tre equivoci piuttosto comuni. Il primo è di carattere generale e consiste nel risolvere le affinità che si riscontrano tra arte e politica come “rapporto” tra due cose più o meno definite, tra due mondi, due settori d’esperienza distinti. Ha poca importanza che questo rapporto sia svolto in senso funzionale, all’interno una teoria antropologica o sociologica, oppure in termini di referenza di un dominio all’altro, come simbolo, analogia o omologia – secondo l’uso che di questo termine facevano Goldmann e Barilli –, o ancora come rispecchiamento strutturale. È un equivoco simile a quello che è in agguato quando si affronta un’altra questione classica, il “rapporto” tra l’“arte” e la “realtà”: in un caso si finisce per perdere di vista la realtà stessa dell’arte, nell’altro quella che crediamo sia la sua intrinseca politicità. Un secondo equivoco comune ha luogo quando si confonde il politico col sociale o con l’ideologico, chiamando “relazione tra arte e politica” qualcosa che rientra invece nella varia casistica metodologica dello studio delle relazioni tra arte e società o arte e ideologia.