Scrittore, traduttore e critico letterario italiano. Dopo aver trascorso l'infanzia e l'adolescenza in provincia di Ferrara, si laurea a Bologna con una tesi su James Joyce. Scrive articoli per numerose riviste come "Lingua e stile", "Il Verri", "Il Caffè". Nel 1971 pubblica per Einaudi - per volontà di Italo Calvino - il suo primo romanzo, «Comiche».
Docente in varie università italiane, al Dams di Bologna ha fra i suoi allievi Pier Vittorio Tondelli, Enrico Palandri, Andrea Pazienza, Freak Antoni.
Tra le sue opere più note edite da Feltrinelli: «Narratori delle pianure» (1985, premi Cinque Scole e Grinzane Cavour), la trilogia «Parlamenti buffi» (1989, premio Mondello 1990), «La banda dei sospiri. Romanzo d'infanzia» (1976), «Lunario del paradiso» (1978), «Avventure in Africa» (1998, premio Comisso), «Fata Morgana» (2005, premi Flaiano e Napoli), «Vite di pascolanti» (2006, premio Viareggio), «Bambini pendolari che si sono perduti» (2011), «Recita dell'attore Vecchiatto» (2013).
Ha inoltre curato per Feltrinelli la traduzione di numerose opere dall'inglese come «Bartleby lo scrivano» di Melville (1991), «La Certosa di Parma di Stendhal» (1993), «I viaggi di Gulliver di Swift» (1997). Si è occupato della trascrizione in prosa del poema di Matteo Maria Boiardo, «L'Orlando innamorato raccontato in prosa» (Einaudi, 1994).
Si è anche dedicato al cinema - ha girato film documentari come «Strada provinciale delle anime», «Il mondo di Luigi Ghirri», «Case sparse. Visioni di case che crollano» - e ha collaborato con vari fotografi. La sua produzione narrativa è raccolta nel Meridiano «Romanzi, cronache e racconti», a cura di Marco Belpoliti e Nunzia Palmieri (Mondadori 2016).
Celati è scomparso all'età di 84 anni in Gran Bretagna, dove ha vissuto sin dagli anni Novanta. Nel ricordarlo, Franco Marcoaldi su Repubblica scrive: «I termini irregolare, eterodosso, appartato - spesso utilizzati a sproposito per definire artisti e scrittori che si atteggiano a drop-out - si sposano benissimo invece con l'avventura di Celati, la cui parabola esistenziale e artistica è stata sempre raminga, all'insegna del nomadismo e dell'inquietudine».