(295 ca - 215 a.C.) poeta epico greco. Originario di Alessandria o forse di Naucrati, è detto Rodio per il lungo tempo trascorso nell’isola di Rodi. Fu allievo di Callimaco, con cui ebbe poi una famosa contesa, e diresse la Biblioteca di Alessandria dal 260 al 247 ca. In prosa A. scrisse opere erudite: Contro Zenodoto e altre su Archiloco, Antimaco ed Esiodo; e compose poemetti sulla fondazione di Alessandria, Naucrati, Cnido, Rodi, Cauno. Di tutti questi scritti ci rimangono solo pochi frammenti, e dei suoi numerosi epigrammi se n’è conservato solo uno, molto famoso, che critica Callimaco. Di A. si conserva però l’opera maggiore, Le Argonautiche, in quattro libri (egli fu il primo poeta epico a dividere in libri il proprio poema). Il poema narra il viaggio della nave Argo nella Colchide attraverso il mar Nero (libri I e II), la conquista del vello d’oro da parte di Giasone con l’aiuto di Medea (libro III), e il ritorno attraverso il Danubio, il Po, il Rodano, il mar Mediterraneo e la Libia (libro IV). È il maggior poema epico del periodo alessandrino, il solo prima di Virgilio che per materia e ampiezza possa aspirare a un paragone con Omero. Secondo una tradizione tipicamente alessandrina, A. fa sfoggio di tutta la sua erudizione nell’illustrare le origini di nomi, culti, abitudini, e gli ampi Scoli con cui i dotti greci postillarono il suo poema ci ricordano spesso le fonti del suo sapere. A. fu anche il primo poeta a porre una vicenda amorosa (la passione di Medea per Giasone) in primo piano nell’azione di un poema epico, e sarà in ciò imitato da Virgilio. La sua vivida rappresentazione del sorgere della passione amorosa nel cuore femminile e del suo sviluppo fa di lui un grande poeta d’amore. A. ci ha dato anche accurate descrizioni di fenomeni naturali, elaborate scene di maniera, di un gusto che fa pensare al barocco. La sua lingua è omerica, ma adattata sapientemente a descrivere un mondo di relazioni ben diverso da quello dell’Iliade e dell’Odissea. Le Argonautiche furono molto lette in tutta l’antichità, e vennero rielaborate in latino da Valerio Flacco.