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Immergersi tra libelli dimenticati: è quello che ha fatto Brindicci, allo scopo di proporre un ampio squarcio delle opere da palcoscenico, sondando i gusti della Napoli barocca. Il catalogo è composto da trecentotredici schede, la cui ricchezza sovrasta quella di tanti cataloghi attualmente in rete. Nel corso della lettura o della consultazione, la capitale del viceregno spagnolo rifulge con i suoi teatri brulicanti di nobili e delinquenti, colpisce per la commistione di sacro e profano, raffinatezze e volgarità. Nel primo saggio l'autrice si sofferma sulla definizione di genere, sulle differenze tra commedia, dramma musicale e melodramma, sul background degli autori e sul rapporto tra centro e periferia come su quello tra nord e sud nell'Italia d'antico regime. La parte più originale del volume è senza dubbio il secondo (e ultimo) saggio d'introduzione al catalogo, nel quale Brindicci si immerge con autorevolezza nella struttura delle edizioni teatrali. Ci s'interroga così sulla fatica (e la validità) di contenere un evento teatrale nelle pagine di un libro, sul ruolo dell'autore, in molteplici casi traduttore e critico d'altri testi, sulla funzione delle "premesse" che suppliscono sovente alla latitanza degli autori. Tra la fine del XVI secolo e gli albori del XVIII, è posta in risalto nelle stampe la progressiva semplificazione degli elementi paratestuali; in ogni edizione, di peso costante è poi il "prologo", spesso vera e propria "scatola nera", per capire i motivi ispiratori di uno spettacolo e della relativa pubblicazione. Infine, per mostrare alcune "note di regia" coeve, elementi guida per la comprensione dell'intero catalogo teatrale, Brindicci ricorda gli scritti teorici di Sanseverino, Pannelli della Sala e Perrucci.
Girolamo de Miranda
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