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La libertà negli occhi - Roberto Escobar - copertina

Descrizione


In un mondo in cui l'individuo ha l'impressione crescente di essere guidato da un potere che lo trascende, Roberto Escobar indica la possibilità e, anzi, la necessità, di riappropriarsi della signoria sulle proprie vite. Qual è il ruolo politico dell'occhio? In una prospettiva forse ovvia, i pochi "tengono d'occhio" i molti e lo sguardo del potere appare totale. Al tempo stesso, però, orientando il proprio sguardo verso i pochi e verso il loro "splendore" - corti, palazzi, monumenti, riti, simboli, spettacoli - i molti ne ricavano visioni del mondo e modelli di vita. Ma davvero si esaurisce in questo il senso politico del guardare ed esser guardati? Davvero lo "stare di fronte" è tutto dominato da un lato dalla sorveglianza occhiuta del potere, dall'altro dalla propensione a farsi imporre legittimità, giustizia, biografie? Sulla scorta delle idee di Camus, Canetti e Simmel, delle creazioni letterarie di Greene, Pasolini e Karen Blixen, nonché delle suggestioni pittoriche di Pieter Bruegel e di quelle cinematografiche di Peter Weir, l'autore afferma, con grande passione civile, la propria volontà di vincere la terribilità dei tempi ritrovando proprio nell'occhio la promessa d'una libertà imprevista.
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Dettagli

2006
21 settembre 2006
163 p., Brossura
9788815112934

Voce della critica

Il volume di Escobar presenta una diagnosi limpida. Il crollo delle Torri ha riportato in auge un pensiero e un'azione politica dove il bene assoluto e il suo trionfo su un male altrettanto assoluto diventano scuse per azioni che portano a mali non meno evidenti. E qui il pensiero dei lettori viene indirizzato alle restrizioni delle nostre libertà compiute in nome della lotta al terrorismo. Ma non solo ci assoggettiamo a una sorveglianza che prima non avremmo accettato: la cultura del sospetto e il clima di paura, insieme ai meccanismi peculiari della moltiplicazione delle immagini e della loro trasmissione, rendono tutti noi complici della sorveglianza reciproca: "L'apparato panottico cerca una legittimazione in quello sinottico, e la macchina sociale e politica della paura (…) mostra, amplifica la paura (…) e così la governa. Alla fine, produce cultura del sospetto e della segretezza, indisponibilità alla discussione, acquiescenza. Se la terra della libertà è stata violata, se le vittime siamo noi – e se finalmente queste immagini ce lo provano (…) – ebbene, ci si può convincere a diventare, oltre che sorvegliati, anche parte attiva della sorveglianza". Un "entusiasmo di pubblico" si è sostituito al fanatismo dei capi, costituendo un'"innocenza omicida" di massa, più pericolosa di ogni totalitarismo del passato.
Il libro si impegna con lucidità nella cura della malattia. L'indifferenza complice di noi tutti, lo sguardo che costituisce il meccanismo della sorveglianza e della sua legittimazione sono le sedi della rivolta possibile, una rivolta derivante dall'esercizio della "libertà negli occhi": la libertà di sottrarsi al ruolo di spettatori-complici, scrollandosi di dosso l'indifferenza alle sofferenze del nemico e l'adesione agli ideali assoluti che la giustificano; una libertà e una rivolta, chiarisce Escobar, che non presuppongono nessun assoluto: anzi, proprio nell'accettazione serena dell'imperfezione dell'umanità sta la base del rispetto per la nuda vita, quel rispetto che manca nella macchina della guerra al terrorismo.
Il movimento dello sguardo che costituisce a un tempo l'esito e la legittimazione della guerra occidentale al terrore, riprendendo Foucault, viene ricondotto da Escobar al panopticon benthamiano. Tuttavia, se il problema è la negazione della civiltà giuridica perpetrata a Guantanamo, la soluzione di Bentham va discussa, e non demonizzata, o usata come vaga metafora. La teoria benthamiana della pena va contestualizzata storicamente, alla luce delle intenzioni che la muovevano. Magari anche riferendosi agli ampi Poscripts (assenti dalla traduzione italiana e da Sorvegliare e punire), in cui l'attenzione alla clemenza delle pene non è minore di quella di Beccaria. Se diagnosi deve essere, e cura si deve proporre, sarebbe utile una maggiore attenzione ai dettagli e alle sfumature dei paradigmi di civiltà giuridica che implicitamente si vogliono difendere. Si vedrebbe allora che la tradizione dell'Illuminismo giuridico è quella che ha le maggiori risorse per risolvere i problemi dei nostri anni: si pensi ai passi in cui Bentham denuncia le torture, simili a quelle di Guantanamo, allora diffuse nelle carceri inglesi, sostenendo che si tratta di punizioni solo apparentemente differenti dalla pena capitale, ma in realtà corrispondenti a essa. Un'analisi di questo tipo è il punto di partenza migliore per la rivolta cui l'autore esorta.
  Gianfranco Pellegrino

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Conosci l'autore

Roberto Escobar

0, Milano

Roberto Escobar, docente Analisi del linguaggio politico nell'Università di Milano e di Dottrina dello Stato nell’Università di Bologna, collabora al Sole 24 Ore come critico cinematografico. Ha ottenuto nel 2001 il premio Ennio Flaiano per la critica cinematografica. Nel suo libro dedicato a Totò tratteggia la personalità del grande attore napoletano, nato nel rione Sanità il 15 febbraio 1898. Nutrita di recitazione spontanea dei vicoli, di follie quotidiane, di umori popolari, di grande tradizione teatrale, la sua maschera esprime il tragico ed il comico, il senso della morte e il trionfo della vita. 

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