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un avviamento alla lettura di questo breve libro può fare appello all'affascinante contraddittorietà del titolo stesso. parlare infatti di liberalismo e propugnarne la linea politica, il più delle volte può significare l'avvilimento di un'azione sociale volta alla costruzione di determinate condizioni economiche che non deprimano più del dovuto le fasce povere di una società che si vanta, appunto, di essere liberale. J.Dewey,in questa opera che definirei magistrale,dimostra all'occidente plutocratico che i veri principi del liberalismo non possono soccombere di fronte alla sete di ricchezze e di pecunie di pochi, che l'elemento costituente di una sana politica liberale è proprio quello concernente l'istituzione di un "PIANO" politico ed economico egualitario che con metodo dirigista non lasci che le forze cieche del profitto affliggano, piuttosto di arricchire, l'intera collettività. vorrei concludere citando lo stesso J.Dewey: "Marx fu il profeta dell'età della concentrazione economica. se il suo spirito aleggia sugli Stati Uniti d'America, esso deve sentirsi soddisfatto per il nostro adempimento delle sue predizioni" oppure "Io non posso ricavare un soddisfacimento intellettuale, morale o estetico dalla filosofia ufficiale che anima la Russia bolscevica. Ma son certo che lo storico futuro esprimerà ammirazione per coloro che ebbero tanta fantasia da vedere per primi che le risorse della tecnica potevano essere indirizzate a servire fini prescelti, e nello stesso tempo esprimerà il suo stupore per l'ottusità intellettuale e morale di altri popoli tecnicamente più progrediti"(tratto da "Individualismo vecchio e nuovo")
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