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Il 12 dicembre 1308 il podestà uscente di Monselice, Antonio da Lio, consegnava ufficialmente al cancelliere del comune una notevole quantità di libri, dei quali ci ha trasmesso un dettagliato elenco uno dei notai presenti. Si trattava di unità librarie diverse per consistenza e materie, che in tutto raggiungevano la ragguardevole cifra di 103.
Si possono fare due considerazioni a questo proposito. Innanzitutto che solo una realtà istituzionale di peso poteva disporre, in avanzata età comunale, di una tale mole di scritture di cancelleria; e infatti Monselice, anche se non rientra tra quelle che una consolidata tradizione storiografica ha battezzato “città-stato”, fu indubbiamente una “quasi-città” di notevole spicco.
L’altra considerazione è che di questo materiale poco o nulla è sopravvissuto. A inizio Cinquecento, nel corso della guerra di Cambrai, l’archivio monselicese andò in fiamme e la scoperta dell’inventario lascia il rammarico di non poter attingere a una fonte che avrebbe fornito preziose conoscenze su tematiche quali l’ordinamento burocratico, le tecniche amministrative, le risorse finanziarie, la prassi giudiziaria. Una fonte, insomma, che avrebbe dato l’opportunità di approssimarci meglio a quella «storia sociale delle istituzioni» comunitarie che oggi è nei voti di tanti medievisti.
Tuttavia qualcosa rimane di quel ricco tesoro manoscritto, ed è la fonte che qui si pubblica: il codice di 174 folii conservato presso l’Archivio di Stato di Venezia con la segnatura “Secreta - Pacta Monselice”, 319. Un opus composito che accorpa per grandi sezioni originali e copie di atti redatti a partire dal 1157 fino al 1308, quando, come detto, si operò la formale consegna dell’archivio della comunità al cancelliere preposto.
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