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Anno edizione: 1998
Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2020
recensione di Kobau, P., L'Indice 1998, n. 9
Il lettore italiano è bene abituato: trova facilmente in libreria traduzioni che aggiornano e spesso correggono la lettura degli originali, o invitano a leggerli in un modo diverso da quello canonico. E qui va senz'altro citata come esempio l'ormai nutrita collana del Centro internazionale studi di estetica di Palermo, diretta da Luigi Russo, nella quale è ora comparsa quest'opera di Alexander Gottlieb Baumgarten (1714-1762), puntigliosamente curata da Salvatore Tedesco.
A queste "Lezioni" si può ricorrere innanzitutto per conoscere un autore importante, benché non famosissimo. Il massimo merito e la massima originalità di Baumgarten, più che nelle sue prestazioni teoretiche, consistono in una fortunata iniziativa di riforma, disciplinare e didattica: nell'avere cioè delineato, ventunenne, una nuova disciplina che servisse a ripianare il tradizionale dissidio che opponeva filosofia e poesia; nell'averla insegnata in un'università, verso la metà del Settecento; e nell'avere pubblicato nel 1750 un manuale intitolato" Aesthetica", il primo con questo titolo. Così, da questa trascrizione di un suo corso di lezioni - come rileva l'equilibrata presentazione di Leonardo Amoroso - è bene non attendersi risposte alle questioni "epocali" che travagliano la nostra estetica (quali il ruolo dell'estetica dopo la morte dell'arte, o dopo la fine della storia, ovvero della metafisica, ecc.).
Tuttavia, questi giusti appelli alla prudenza vanno temperati. L'estetica di Baumgarten risulta, certo, soprattutto da un lavoro di accomodamento enciclopedico, e possiede quindi un significato principalmente documentario. Questo lavoro si appoggia comunque su una proposta concettuale che merita di essere ascoltata, o riascoltata. In breve: Baumgarten mirava a una dottrina del bello applicabile in campo poetico e più generalmente artistico, ma - a questo fine - voleva innanzitutto un'estetica come parte irrinunciabile della teoria della conoscenza. Nei suoi termini: una scienza del come si conoscono con i sensi le cose presenti ai nostri sensi, e del come tale conoscenza possa essere perfetta - e poi troveremo, in altri autori affini e dipendenti: scienza del gusto, del sentimento...
Ora, a voler prendere sul serio Baumgarten circa questo punto, ossia circa la sua intenzione di integrare con una "estetica" quella che ai suoi tempi si chiamava "logica", si incontrano subito due ordini di avvincenti difficoltà. Il primo lo incontrerà chi voglia ritornare oggi sulle accuse (di psicologismo, pragmatismo, empirismo...) cui tali formule sono sembrate prestarsi, e che hanno valso loro un precoce rifiuto, da parte di Kant e, subito dopo, degli idealisti. Ma un altro disagio ancora sembra darsi a causa delle interpretazioni novecentesche di Baumgarten (ancora influenti, due nomi su tutti: Baeumler e Croce) che poggiano su alcuni presupposti tuttora poco interrogati. Specialmente su uno: che ad attendere la fondazione di un'estetica ci fosse fin da sempre (per lo meno allo stato virtuale) quel singolarissimo oggetto che è l'arte bella - corrispondente magari a un sistema delle arti, che nemmeno andava inventato, ma solo scoperto. Poiché non incorporano tale assunto nella loro base concettuale, queste "Lezioni" esibiscono allora, oltre a diversi motivi di attrazione per l'erudito, un carattere esotico, e perciò stimolante, su un piano squisitamente teoretico. La fondazione dell'estetica come pensata da Baumgarten mostra così non solo il fascino di un inizio (come tale, ancora aperto a realizzazioni diverse da quelle che ha effettivamente conosciuto), ma anche il fascino ambiguo di un progetto realizzato da terzi, al di là delle sue prime intenzioni, o magari contro di esse.
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