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Poco meno di centotrenta lettere articolate in undici settori tematici (quotidianità moda riti sociali; famiglia matrimonio maternità; istruzione educazione religione; salute igiene umore; sovrane suddite cittadine; lettura e scrittura; amiche e maestre; eros e passione; pene d'amor vissute; critica della passione; viaggio natura) aprono ricchi scenari sulle trasformazioni di costume delle donne e della società europea tra fine Settecento e primo Ottocento. Il rapporto con il mondo fuori dalle mura domestiche, che è ciò che attiva la scrittura epistolare, ha prodotto quegli atteggiamenti clandestini (il rifugiarsi nella penombra, il guardarsi dall'occhio indagatore dell'uomo) che hanno costituito argomento d'attualità per alcuni pittori d'interni settecenteschi, oppure hanno sollecitato – ma non nelle zone cattoliche del Mediterraneo – situazioni come quella scelta per illustrare la copertina del volume, che ritrae la moglie del pittore olandese Vermeer in atto di festeggiare la propria "solitudine attiva", il proprio momento di "libertà vissuta senza testimoni" indossando una splendida giacca bordata di ermellino e scrivendo seduta a uno scrittoio su cui perle e nastri non lasciano dubbi sulla "presa di possesso" al femminile di uno spazio di riflessione e scrittura, il cabinet de travail, di competenza maschile.
La lettera è attività privata che apre sul sociale; per questo è stata vista con sospetto e per la stessa ragione essa ha posseduto un potenziale liberatorio di enorme importanza, particolarmente nel Settecento, che è stato il secolo in cui le donne hanno potuto dare forma al proprio destino, incanalato poi, nell'Ottocento, in una politica di controlli sociali e di moralità appiattente. Per questo, ancora, dalle lettere emerge un'identità femminile forte, di intellettuale, di educatrice, di salonnière, di amante, di madre, di viaggiatrice, di donna sofferente (perché il suo uomo è lontano o perché sta subendo un intervento chirurgico senza anestesia), o trasgressiva (perché percorre sentieri dove l'orma femminile "è più rara", come scrive Parini o perché si è legata a una donna) o che ha il coraggio di deporre il proprio ruolo politico di sovrana per aprire il proprio cuore ai figli o al marito o all'amante.
Già Virginia Woolf aveva detto che lo scrivere lettere, oltre a essere "un'arte che una donna poteva praticare senza rinnegare il proprio sesso", era un'arte narrativa o saggistica "camuffata". Nei casi migliori naturalmente, e Madame de Sévigné insegna. Mentre nel carteggio di Elisabetta Mosconi Contarini con l'amante, stile, forme della sensibilità e persino modi del vissuto sono condizionati dal modello ovidiano e imitano le situazioni narrate nei bestseller stranieri dell'epoca (Fielding, Richardson, Sterne). "Scrivete come parlate", l'imperativo dei manuali destinati alle épistolières, ha generato quella scrittura spontanea, scorrevole e negligente spesso ammirata dai letterati che in essa vedevano il segno di un'attività tanto più deliziosamente femminile quanto meno adatta a suscitare fondate aspirazioni letterarie.
Volume molto ricco, questo messo a punto da un ampio gruppo di docenti della Facoltà di lingue e letterature straniere dell'Università di Bologna, la cui introduzione generale della curatrice (La libertà chiusa in busta) e le cui pagine premesse a ciascun settore tematico guidano con competenza e occhio attento a evitare cadute ideologiche e a conservare contraddizioni e vitalità di un genere per sua natura variegato e complesso. Stonano alcune scorrettezze filologiche.
Luisa Ricaldone
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