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Questo volume offre al lettore l'insieme delle lettere di matteo Ricci che la fortuna e gli uomini ci hanno trasmesso. Si tratta di 54 lettere, ufficiali e familiari, scritte dall'India e dalla Cina dal 1580 al 1609, nelle quali colui che avviò e pose su salde fondamenta il primo incontro significativo dell'Occidente con il Celeste Impero descrive se stesso e il mondo straordinario e nuovo che si apre ai suoi passi avvalendosi di ingredienti rari e preziosi: la lucidità e l'acume critico propri di un uomo fra i più colti della sua epoca; la concretezza e l'essenzialità di un vero e proprio “uomo di azione” che spesso si trova ad affrontare in assoluta solitudine le insidie di un continente in gran parte ignoto (dagli assalti dei predoni, alle malattie di ogni tipo, agli umori minacciosi dei funzionari imperiali); infine la passione e l'energia interiore che, seppur dosate in misura sapiente, affiorano a volte come squarci fra le nubi (“Non mi causa tanta tristezza... il star lontano di miei parenti secundum carnem, se bene io son molto carnale...” confida Ricci una volta a Maselli). Il tutto convogliato in una scrittura che, non a caso, rivela “un franco disinteresse per la sintassi tornita e simmetrica dei modelli letterari, ed una schietta apertura ad una lingua diciamo pure spiccia, pratica, currenti calamo, in cui ciò che conta è comunicare, trasmettere delle informazioni, e insomma la rapidità e l'efficacia: il lettore si troverà così di fronte ad uno dei rari esemplari di scrittura in cui si rispecchiano gli snodi e le urgenze di un'esistenza senza passare attraverso la mediazione culturale della letteratura - o potremmo dire della tradizione, con i suoi imperativi e i suoi vincoli” (dal saggio di Sergio Bozzola).
Le Lettere costituiscono l'indispensabile complemento dell'altra opera storico-scientifica ricciana (Della entrata della Compagnia di Giesù e Christianità nella Cina), che costituì il punto di riferimento privilegiato per la conoscenza che l'Occidente ebbe di quell'impero nel Seicento e Settecento. Una prima edizione fu curata da Pietro Tacchi Venturi nel 1911-'13, mentre Pasquale D'Elia non riuscì a portare a termine il lavoro progettato nelle monumentali Fonti Ricciane (1942-'49). Quella qui presentata è dunque la seconda edizione completa delle Lettere, che tiene conto di nuove acquisizioni e di aggiornamenti metodologici e storiografici rispetto all'edizione di riferimento Tacchi Venturi.
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Questo secondo volume dedicato agli scritti di Matteo Ricci offre al lettore l'insieme delle sue lettere che la fortuna e gli uomini ci hanno trasmesso. Si tratta di 54 lettere, ufficiali e familiari, scritte dall'India e dalla Cina dal 1580 al 1609, nelle quali colui che avviò e pose su salde fondamenta il primo incontro significativo dell'Occidente con il Celeste Impero descrive se stesso e il mondo straordinario e nuovo che si apre ai suoi passi avvalendosi di ingredienti rari e preziosi: la lucidità e l'acume critico propri di un uomo fra i più colti della sua epoca; la concretezza e l'essenzialità di un vero e proprio “uomo di azione” che spesso si trova ad affrontare in assoluta solitudine le insidie di un continente in gran parte ignoto (dagli assalti dei predoni, alle malattie di ogni tipo, agli umori minacciosi dei funzionari imperiali); infine la passione e l'energia interiore che, seppur dosate in misura sapiente, affiorano a volte come squarci fra le nubi (“Non mi causa tanta tristezza... il star lontano di miei parenti secundum carnem, se bene io son molto carnale...” confida Ricci una volta a Maselli). Il tutto convogliato in una scrittura che, non a caso, rivela “un franco disinteresse per la sintassi tornita e simmetrica dei modelli letterari, ed una schietta apertura ad una lingua diciamo pure spiccia, pratica, currenti calamo, in cui ciò che conta è comunicare, trasmettere delle informazioni, e insomma la rapidità e l'efficacia: il lettore si troverà così di fronte ad uno dei rari esemplari di scrittura in cui si rispecchiano gli snodi e le urgenze di un'esistenza senza passare attraverso la mediazione culturale della letteratura - o potremmo dire della tradizione, con i suoi imperativi e i suoi vincoli” (dal saggio di Sergio Bozzola).
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