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Quasi a conclusione del suo saggio La ragione in contumacia (cfr. "L'Indice", 2008, n. 2), Massimo Onofri nota come oggi "il genere della critica letteraria in Italia (
) sia in grande salute", puntellando l'osservazione con nomi e opere di critici "quaranta-cinquantenni" (ai quali aggiungerei Andrea Cortellessa, uno studioso appena quarantenne certo, ma il cui lavoro è di rilievo militante come quello di pochi altri). Del 2006 è Apologia del critico militante (Castelvecchi) di Giorgio Manacorda, e di qualche mese fa la pubblicazione del Dizionario della critica militante (Bompiani, 2007) di Filippo La Porta e Giuseppe Leonelli, un'aggiornata panoramica della critica letteraria dei decenni finali del Novecento italiano. Ci troviamo di fronte a un moltiplicarsi di raccolte di articoli e recensioni, pamphlet, repertori che con la loro varia qualità accreditano l'opinione di chi sostiene che la critica letteraria italiana viva un buon momento e che sia troppo semplicistico denunciarne assenza o morte. A riflettere e scrivere, da anni, sulla forma del saggio e sul ruolo del critico è Alfonso Berardinelli, che con la sua "intrusione" va spiegando lo stato di cambiamento del medium scrittura e le possibilità che la ricerca letteraria ha dinanzi a sé. Berardinelli avvertiva in esergo all'Eroe che pensa (cfr. "L'Indice", 1998, n. 1): "La critica militante (
) ha bisogno di condizioni climatiche stabili o viceversa di congiunture culturali molto dinamiche, distruttive e promettenti allo stesso tempo". Mi pare, intanto, di poter osservare come le nostre non siano "condizioni climatiche stabili", e in quanto alla critica italiana di poter parlare, all'ingrosso, di trasformazione, di ricezione produttiva e di definitivo abbandono dell'ottimismo scientista che la investiva tra gli anni sessanta e ottanta.
La premessa sarà servita, almeno nelle intenzioni, a tratteggiare il clima in cui Liguori propone la riedizione di Letteratura militante di Carlo Muscetta(ora con una bella prefazione di Romano Luperini, una bibliografia degli scritti e, in appendice, il famoso saggio sul Metello di Pratolini), critico letterario di orientamento marxista tra i più originali della sua generazione. Il libro era stato pubblicato nel 1953 dalla casa editrice Parenti di Firenze, e in seguito parzialmente da Garzanti (Realismo neorealismo controrealismo, 1976), mentre qualche capitolo riaffiorava per l'editore Bonacci di Roma e in edizioni siciliane piuttosto rare (tutti recuperi che, per quanto importanti, deprivavano Letteratura militante del titolo emblematico e del mordente originario).
Le ragioni che ne fanno immediatamente un volume coerente e strutturato (diviso in Saggi e Schizzi aneddoti e cronache, in buona parte interventi apparsi sull'"Unità" e "Paese Sera", ma anche su "Primato" e su "Società") sono quelle del realismo, inteso da Muscetta scrive Luperini come il "rapporto organico che un'opera intrattiene con il proprio tempo", dell'approccio storicista e della concezione militante della critica. Idee forti per un testo formativo dalla scrittura di luminoso sarcasmo e guidata da un energico io polemico (con esiti di stile notevolissimo, checché ne dicesse Franco Fortini in Verifica dei poteri). Ciò che ci porta direttamente alla personalità culturale di Muscetta, il quale non è stato un critico marxista "ufficiale" ma un intellettuale indipendente (meno quando si esercita in qualche riga di retorica postbellica e nel consentimento davvero ridotto, però a terminologie attardate).
Letteratura militante, il suo libro più bello, fornisce esempi in tal senso. Vi si riconoscerà, insieme al rispetto per il textus letterario e per la sua intrinseca complessità, una passione civile tanto marcata quanto lontana da tentazioni contenutistiche o forzature ideologiche, e nella quale è rilevante la presenza autobiografica che rifiuta pose accademiche, anche quando il critico discorre di Foscolo, Manzoni o Verga (per dirne tre ammazzati dalla scuola). Ed è, infine, indispensabile descrivere brevemente la singolare dottrina di Muscetta, cresciuta prestissimo sui problemi del meridionalismo e agli insegnamenti ideali del conterraneo Francesco De Sanctis, mai al servizio di un'intertestualità fine a se stessa e accompagnata da un gusto non comune per la parola. Muscetta brillò negli scritti più lunghi, tipo quelli su Pavese o Levi, ma fu insuperabile nella misura breve, a caldo. Fu sferzante comico divertente: come nella recensione all'opera omnia di Vittorio Betteloni (prova dell'efficacia rivelatrice della critica, quando questa non dimentica il verdetto), nell'articolo Malaparte l'arcitaliano, o nell'intervento sul centenario di Monaldo Leopardi.
Bene. E oggi, giorni in cui la critica letteraria vorrebbe non abdicare e volentieri discute di ritorno al De Sanctis, impegno mediatore del critico e giudizio di valore, questa Letteratura militante, scrittada chi De Sanctis trasfuse in succum et sanguinem (come diceva di sé Croce, assieme a Gramsci altro phare di Muscetta) e fino all'ultimo il giudizio di valore praticò e difese (Il giudizio di valore, Bonacci, 1992), potrà essere considerata un perfetto ulteriore abbrivo. Francesco Ignazio Pontorno
In un momento in cui la critica, completamente espunta dal dibattito culturale, non milita più, questi saggi di Carlo Muscetta rappresentano un'importante occasione per riflettere sul rapporto tra letteratura e politica, analisi testuale e giudizio di valore. In Letteratura militante emergono tre modalità che hanno sempre accompagnato la scrittura saggistica dell'autore: il sarcasmo (grande polemista e notevolissimo scrittore), la passione (una straordinaria partecipazione autobiografica) e l'engagement (una critica sempre impegnata politicamente). Attraverso alcuni concetti chiave (come realismo, storicismo integrale e carattere militante della critica), Muscetta passa in rassegna autori e critici che hanno caratterizzato il dibattito letterario tra Otto e Novecento: da De Sanctis a Gramsci, da Manzoni a Pratolini, da Verga a Moravia, da Foscolo a Brancati. Questa ristampa, che comprende in appendice anche il famoso saggio su Metello, è preceduta da una brillante introduzione di Romano Luperini in cui si ricostruisce l'itinerario critico di Muscetta.
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