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Dopo anni di assenza, Georges Simenon torna a Liegi per assistere agli ultimi giorni della madre novantenne. Nella stanza dell’ospedale due occhi di un grigio slavato lo fissano: «Perché sei venuto, Georges?». E qui comincia un ultimo duello, silenzioso e immobile, fra madre e figlio. Per quasi cinquant’anni si sono visti poco. Ma un filo resistentissimo lega quella donna minuta, che ha vissuto sempre dello «stretto necessario» nel suo angolo del Belgio, e quello scrittore celebre in ogni parte del mondo, ricchissimo, il caso più stupefacente di fecondità nell’invenzione romanzesca. I loro rapporti non sono mai stati facili, nessuno dei due è abituato all’espansività dei sentimenti. «Ed ecco che ora, dopo tanti anni, vecchi tutti e due, ci ritroviamo faccia a faccia in quest’ospedale, con questi personaggi di cera intorno a noi». Eppure, solo ora Simenon ha l’impressione di capire sua madre, e insieme di non sapere quasi nulla di lei. C’è un fondo comune in questi due esseri: la madre, testardamente, ha «sempre voluto appartenere al mondo della piccola gente»; il figlio si è nutrito di quel mondo in ogni nervo per evocare, con sonnambolica sicurezza, centinaia di personaggi. E solo ora, nella scansione perfetta di questa Lettera, si avvicina alla verità di un personaggio di tale forza che gli ha resistito sino alla morte.
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La conoscenza di noi stessi passa attraverso le nostre origini e attraverso la storia personale di chi ci ha generati. L’importanza di questo, spesso, si comprende quando è ormai troppo tardi per colmare vuoti e trovare risposte.
Questo libro è un bilancio del rapporto con l'anziana madre, in punto di morte, attraverso episodi, riflessioni e malinconie. Sempre grandissimo Simenon
"E' dalla ragazzina di rue Féronstrée che ho preso di più, per questo i miei occhi ti interrogano con tanta intensità". "Tu sei uno degli esseri più complessi che abbia mai incontrato". In questi brevi passaggi si capisce molto del rapporto che Simenon ha avuto con sua madre, un rapporto che in realtà non c'è mai stato soprattutto a causa della madre (e dei suoi problemi anche psichici) e che il figlio Georges nonostante tutto (lontananza, ricchezza e successo) ha sempre cercato di allacciare e custodire. Invece per il padre Simenon aveva un vero e proprio culto. Curioso poi trovare a pag 73-74 il motivo per cui nel 1966 Simenon scrisse "Il Gatto". Lettera tenera e dolce di un figlio che non vuole lasciare andare sua madre "senza averla conosciuta, senza averla capita".
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