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"Mi manca Nora, il suo anticonformismo etico, la sua volontà di combattere, i suoi infusi alle erbe, il suo incenso in salotto, il suo corpo, i suoi capelli folti e neri, i suoi seni profumati con saponi biologici, il suo combattere sempre, invece della mia arrendevolezza parassitaria; mi manca quell'aria rivoluzionaria che si respirava in casa. Come quando guardi un film di protesta, ma non “Il grande freddo”, dove si vivevano le proiezioni di una rivoluzione passata e si viveva, borghesemente, i bei ricordi del Sessantotto. A me mancano le lavatrici, le cucine che saltano in aria in Zabriskie Point, l'adrenalina, la vitalità, sì a volte anche la follia, ma quella follia degenerante del “Laureato”, quando Hoffman prende per la mano la Ross e salgono su un autobus e nessuno ha mai capito dove portasse quel numero, ma portava via, da una vita sicura, da un marito avvocato o medico, o quello che sia; portava via, da una villetta indipendente col giardino, portava via dal tizio, che all'inizio del film dice a Hoffman: “Dammi retta, il futuro è nella plastica, è nella plastica!” e adesso sì, adesso, la plastica è ovunque..."
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