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Nel titolo sono richiamati, con Diogene, la filosofia che “cerca l’uomo” e, con Aladino, il mito-favola di una lampada che risponde alle fantasie, ai desideri, ai dubbi, alle paure dell’uomo, creando artificiosamente situazioni e momenti che, però, incidono sulla realtà del soggetto. Ma non è questo anche il rapporto tra filosofia e arte? Non si tratta di inseguire mode intellettuali né la cultura ha atteso un singolo filosofo per congiungere estetica e teoresi. Il compito è di vedere come tutto ciò che il soggetto crea, rielaborando il vissuto, “si tenga insieme” e sia leggibile come qualcosa che ci riguarda e che parla, comunque, di noi. Cinema, melodramma, scrittura musicale, pittura, letteratura e satira possono entrare a pieno titolo come segmenti di un’unica ricerca di senso. Di questa ricerca, la lettura “filosofica” non è una prevaricazione intellettuale e disciplinare né un esproprio di alcuni spazi culturali a vantaggio di altri. È un ulteriore, privilegiato ambito di autocoscienza e di autoconoscenza. Tutto ciò non serve solo a trovare nessi con altri ambiti culturali, ma anche a riconoscere la natura “specifica” della riflessione e della elaborazione filosofica. Infatti, se tutto è narrazione e racconto, non si individua la peculiarità delle singole forme culturali. Nel momento in cui si approfondisce la qualità narrativa della filosofia non si disconosce la storia plurisecolare della speculazione filosofica, non solo occidentale. Oggi esiste un panorama diverso perché si è d’accordo che la filosofia sia una diffusa interrogazione sull’uomo, cioè un insieme di domande e di ipotesi di risposte che possono esprimersi con lessici, modalità, forme letterarie e stilemi diversi e plurimi. La filosofia “togata” e quella “secolare” del terzo millennio, avendo superato alcune paratie che le tenevano lontane da altri saperi e altre poiesi, si interrogano, si integrano e compongono l’unica filosofia che è sempre più ricerca delle fenomenologie dell’umano ed esigenza di impegnarsi nella loro ermeneutica.
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