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Raccontare della letteratura e dell'industria, provare a sciogliere il nodo del rapporto tra la rappresentazione letteraria e la produzione industriale o, meglio, della rappresentazione letteraria del mondo della fabbrica, e farlo, in definitiva, nella cornice di un'analisi critica, scientifica ma non specialistica, non è un cimento di poco conto. L'impegno intellettuale che ne consegue esige di approfondire la lettura dei testi narrativi e dei saggi critici, di affrontare la prova della ri-costruzione epistemologica del testo letterario e, non meno importante, di sbrogliare la matassa di una letteratura critica, che passa attraverso le monografie, le riviste e gli interventi tematici, di cui non solo non esiste organica ricostruzione critico-bibliografica, ma della quale soprattutto non si rinviene eco nell'attualità. Basti ricordare pochi esempi, tra quelli su cui le pagine del volume ampiamente si soffermano: "Il Politecnico" a partire dal 1945, l'"Almanacco Letterario Bompiani", "Delta", inaugurata nella sua nuova serie nel 1952, "Il Verri", "Il Menabò", in particolare con i fondamentali monografici n. 4 del 1961 ("Letteratura e Industria") e n. 5 del 1962 (che ne prosegue la riflessione con ulteriori contributi), "Paragone" e "Aut-Aut", "Il Dramma" e "Sipario" a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, passando per le riviste aziendali, segnatamente la "Civiltà delle Macchine"di Finmeccanica, "Il Gatto Selvatico" dell'ENI, la rivista della "Pirelli", forse la più esemplare nella sua parabola storico-culturale che non a caso, dipanandosi tra il 1948 della ri-costruzione post-bellica e il 1972 della transizione taylorista, finisce quasi per testimoniare simbolicamente il passaggio da una fase alla successiva dello sviluppo industriale e, di conseguenza, da un motivo ad un altro della storia del rapporto tra letteratura e industria nel nostro Paese. Un excursus ampio e ambizioso da O. Ottieri a G. Parise, da P. Volponi a P. Levi, fino a giungere ai giorni nostri.
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