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Siamo nel 1843. La riflessione matura sulle contraddizioni di questa società è ancora da venire. Marx è appena arrivato a Parigi, e solo in questi mesi sta venendo a contatto con esponenti socialisti, con il proletariato "in carne ed ossa". Questo articolo, uscito sugli Annali Franco-Tedeschi, è il primo di una serie di scritti polemici che culmineranno con la rottura totale di Marx ed Engels con la cosiddetta Sinistra Hegeliana. Nello specifico, qui la rottura si consuma sul terreno della critica religiosa. La religione per Marx non è solo "rifugio", ma è insieme protesta ed espressione della miseria reale. La semplice emancipazione "politica" dalla religione non è dunque sufficiente, bisogna andare alla radice, bisogna cercarla nella società civile, dove le disuguaglianze continuano a permanere.
Per Marx tutti gli uomini, quindi anche gli ebrei, sono oppressi dal capitalismo e si rifugiano nella religione come in un oppio consolatorio. Solo con la creazione di una società senza classi sociali, in cui ognuno riceverà secondo i suoi bisogni (questo è il Comunismo, per Marx), si avrà la felicità in Terra. Come arrivare a questa mitica età dell'oro, però, non si capisce bene e tantomeno come possa funzionare. Dice che lo Stato è lo strumento di oppressione di una classe sull'altra e con l'avvento del Comunismo sparirà. Sciocchezze, naturalmente, ma visto che San Tommaso Moro ha scritto "Utopia" ed è considerato uno dei più grandi uomini d'Inghilterra, assegniamo a Marx, londinese d'adozione, un voto molto benevolo.
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