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Interessante riflessione circa i mali che affliggono la nostra patria...
Un ritratto impietoso e lucido della società italiana: corrotta, familistica e corporativistica, pervasa di "un'esasperata soggettività che investe la sfera pubblica come quella privata"; in balìa di un ceto medio che ha un solo fine da perseguire, quello di preservare con ogni mezzo il " benessere economico" conquistato dai genitori, fermando il tempo all'oggi, senza nemmeno provare ad immaginare il futuro. A dispetto della gravità dei temi trattati, la lettura è avvincente. Un racconto giornalistico da leggere con interesse e con l'ansia crescente di vedere se dopo tanta cruda verità si può comunque immaginare un futuro migliore. La causa di tanta decadenza? L'eclissi della borghesia, quella minoranza illuminata che alla fine del secondo dopoguerra ricostruì l'Italia, intervenendo sia a sostegno della produttività del Paese che del benessere sociale, affermando un'idea di politica al servizio dei cittadini. "Fu questa la cifra identitaria di una classe dirigente che tracciò il solco della rinascita nazionale." Non una vera e propria classe sociale storicamente identificabile ma un insieme eterogeneo accomunato dall'amore per il bene comune e dalla profonda onestà. "La matrice comune di questi personaggi, divisi da profonde barriere ideologiche e da formazioni culturali non omogenee, fu il grande amore per la patria, depurato dall'enfasi nazionalista del fascismo e combinato con un livello molto alto di onestà personale." E' possibile dunque nella società di oggi produrre il cambiamento? Il processo non sarà né breve né facile e potrà partire solo da ogni singolo uomo che saprà ritrovare il desiderio di "non appiattirsi nel deserto che ci circonda", desiderio nel suo significato più nobile di "ardore" per la civiltà vedica di 3 mila anni fa. "Un sentimento che rende vivi, e sta all'origine, secondo gli uomini vedici, non solo del pensiero, ma del mondo. Se non c'è questa strana entità che arde, non c'è il pensiero e non c'è la vita."
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